Capitolo 10 Illusione


Il tuffo di Lakshman

Quale è il rapporto tra la nostra percezione del tempo e il nostro stato di coscienza? Quando andiamo a dormire la notte, perdiamo ogni cognizione del tempo; nel nostro stato usuale di giorno, non c’è mai tempo per quello che vogliamo fare; nei momenti di coscienza sembra che ci sia tanto tempo; nella beatitudine, o felicità, il tempo si ferma ancora.uale

E’ vero che il tempo degli eventi sul livello sottile è molto veloce in confronto a quello sul livello fisico? Ci sono dei momenti quando uno si può sentire molto lontano dal Se’ e poi tutto può cambiare in un istante. Le persone sembrano pessimiste e senza speranza quando pensano alla realizzazione del Se’ in tempi fisici lenti.

Tutti gli eventi accadono solo al livello fisico, anche se i loro effetti passano anche ai livelli più alti. Ma gli intervalli di spazio e tempo diminuiscono mentre si sale di livello. Qualcosa che sembra lontano sul livello fisico, come la realizzazione del Se’, non lo è sul livello sottile.

Ci sono diverse categorie di tempo. Un giorno pensiamo di avere pochissimo tempo, ma in effetti ce ne e’ abbastanza. Un altro giorno ci sembra di avere tantissimo tempo, ma in realtà ce ne è pochissimo.

Nel sonno vediamo molto, copriamo lunghi lassi di tempo; ma di fatto i nostri sogni occupano poco tempo – un sogno che dura tantissimo ci mette poco tempo a passare attraverso la nostra coscienza. Il tempo è ancora diverso nel sonno profondo; e naturalmente anche nella beatitudine, il tempo ha una misura diversa, perciò il tempo si differenzia secondo la misura.

Qui c’è un esempio dal Ramayana.

 Lakshman, il fratello di Rama, disse che voleva vedere la grande illusione di Maya  (il drama della creazione) di cui Rama parlava sempre. Rama disse, ‘ti metterai nei guai, lascia perdere.’ Lakshman rispose, ’Sono sicuro che non mi farà effetto, e sono comunque curioso di vederlo’. Così Rama disse, ‘Va bene, fra un po’ lo vedrai’, e lasciò cadere l’argomento. Andarono al fiume a fare il bagno. Quando ebbero finito di nuotare e stavano entrambi uscendo dall’acqua, Rama disse, ‘Fratello mio, ho perso il mio anello. Potresti tuffarti a cercarlo?’ Lakshman andò e si tuffò a cercare l’anello; in quel momento perse conoscenza. Quando uscì dall’acqua era in un paese diverso, in una campagna stupenda. Lì incontrò una donna bellissima, e si stabilirono insieme, misero su casa e vissero come capifamiglia. Ebbe quattro figli e quando invecchiò si ammalò di malaria, sviluppò una brutta tosse e infine morì. I suoi figli lo portarono al fiume. Era costume immergere i corpi in acqua. E mentre il corpo s’immerse Lakshman uscì dal mondo dell’illusione e si trovò di nuovo sulla riva del fiume.

Andò da Rama con le lacrime negli occhi e penitenza nel cuore, ma non riusciva a ricordare cosa gli era successo. Rama gli disse, ‘ Hai voluto sperimentare il mondo dell’illusione. Adesso hai l’esperienza’.

Tutta la differenziazione di tempo e spazio che calcoliamo in questo mondo, è l’illusione. Nel Se’ o in Brahman, non c’è tempo, non c’è spazio, è tutto uno. Nella veglia e nel sonno vediamo un effetto distorto di tutto questo. La differenziazione del tempo è un’illusione, perché è, come ho detto prima, sempre diverso.

Nel racconto di Lakshman e l’anello, in che senso era che entrambi le visioni del mondo come da Lakshman quando era nell’acqua e da Rama erano illusori?

Il racconto parla di due stati, uno come un mondo dei sogni nel sonno, e l’altro il mondo che solitamente vediamo quando siamo svegli. Il mondo dei sogni non ha nessuna esistenza indipendente, solo il ricordo delle esperienze nello stato comune di veglia. I sogni apparirebbero a secondo dell’attaccamento che uno ha verso certi tipi di esperienza. Quando si è ‘svegli’ il mondo dei sogni è conosciuto come illusione. Per il beneficio di chi si sottopone a disciplina questo esempio di un mondo e due stati della nostra esperienza è descritto nella storia, così che possono capire la validità del terzo stato (che riconosce entrambi come illusione). Presi nel modo giusto, gli altri due stati dovrebbero essere considerati nello stesso modo in cui un attore pensa al suo ruolo in una commedia (adesso sul palco, dopo no).

Questo racconto ha fatto molta impressione su alcune persone che sentivano che se riuscivano davvero a capirlo, avrebbero avuto chiarezza su molte cose. Ma questi stati non sono sperimentati simultaneamente? Dopo tutto, abbiamo il Se’ Universale dentro di noi che sperimenta il punto di vista conscio del mondo mentre l’io, l’ego, sperimenta l’illusione.

Ci sono due tipi di persone – chi sa e chi non sa. Nel caso di quelli che sanno, tutte le loro attività si conformano al loro stato interiore e a come intendono il mondo. Per loro non c’è attaccamento, e per un tale uomo, la vita e’ solo una commedia o un gioco, perciò è libero e felice. Quelli che non sanno continuano a cercare il risultato delle loro attività, o azioni, e di conseguenza restano legati a catene di desideri, attività, e risultati.

Talmente tante malattie possono capitare a persone in uno stato del genere, portando a una crescita stentata e uno stato di salute cattiva del corpo fisico che causa, di necessità, una chiusura della mente oltre a crampi e tensioni del corpo e dei muscoli. Seguiranno malattie della mente oltre che del corpo.

Questa verità della vita come commedia o gioco crea molto antagonismo nelle persone dell’occidente. Credono così intensamente nelle loro idee sui i motivi delle loro azioni e i risultati che aspettano di ottenere di conseguenza, che sentono di non riuscire ad andare avanti a meno chr  ‘credono in quello che stanno facendo’.

Non soltanto nell’occidente! E’ un problema diffuso. Qui in India ci sono persone che godono del così detto

‘successo’ nella vita; hanno una casa ben ordinato, fanno una giornata di lavoro efficiente con un lavoro ben pagato. Ma soltanto quando vedono di sfuggita il loro pacifico Se’ , o quando vedono il Se’ nelle altre persone, soltanto allora si rendono conto dell’importanza della pace e del Se’, e la loro natura interiore li spinge a cercarla. Altri fanno degli sforzi e anche se questi non hanno un chiaro successo, almeno hanno cara l’idea. Anche solo questo da loro un raggio di speranza che riuscirnno ad accettare l’idea semplice e fondamentale di trattare il mondo come un gioco e ciò nonostante essere efficienti e felici.

 

Krishna e Radha

Quando Krishna incontrò la sua amata Radha, le disse che assomigliava alla luna. Radha si sentì umiliata e se ne andò infelice. Allora Krishna si sentì molto solo e cominciò a cercare Radha dappertutto e chiese a tutte le sue mungitrici di pacificare Radha e di riportarla a casa. Radha tornò mascherata da Krishna e entrambi cercarono di fare valere i loro diritti su Radha. Poi deciserò di andare dalle mungitrici per farsi riconoscere. Le mungitrici erano così innamorate di Krishna che chiunque vedevano sembrava Krishna, e questo aumentò la confusione. In questa confusione Krishna capi’ finalmente che l’altro Krishna non era altra che Radha e la strinse a se’ e la baciò; così l’unione fu di nuovo stabilita.

Questo racconto ha un significato sottile. Quando Krishna relaziona il suo Se’, Radha, alla luna, si stabilisce la dualità. Alla ricerca dell’unione egli vaga di qua e di là. Anche se ha con se’ il Regno, Radha mascherata, egli si volge ai suoi tanti io (le mungitrici) per stabilire la sua identità, e il risultato è la confusione. E’ soltanto quando Krishna riconosce la vera Radha che l’illusione sparisce e l’unione è di nuovo stabilita.


Il cavallo e il pozzo rumoroso

Questo dramma o illusione della creazione continua a confondere il mondo interiore, e si pone tra se stessi e il vero Se’ e tra se stessi e il proprio maestro. Come si fa a prendere le cose in modo semplice e sincero?

Fino a quando si sa che c’è un agente a creare confusione tra le due cose, l’effetto di questo agente è molto leggero. La vera confusione nasce quando lo vedete come reale, e non lo vedete come ostacolo, allora ha potere. Se capite che l’illusione si mette tra voi e il Se’ or tra discepoli e maestri, allora l’effetto e’ leggero. Sapete che ci sono degli ostacoli, ma non sono mortali perché non hanno presa su di voi. Perciò la consapevolezza di questa confusione puo’ essere molto utile.

Questo è anche quello che ci impedisce di essere dei registratori silenziosi che non raccolgono tutti i rumori di fondo?

Il dramma della creazione è un atto universale e deve continuare per l’eternità. Non si fermerà mai. Perciò tutti questi ostacoli e la confusione e tutto il resto ci saranno sempre. Fino a quando non ci giocate e non ne rimanete coinvolti, se non vi interessate a loro potete evitarli, come adesso non avete dato importanza all’altoparlante giù nella strada. Perciò è bene evitarli in modo semplice e sincero. Ostacoli violenti devono essere maneggiati con cura, possono essere molto esplosivi, perciò bisogna fare uno sforzo maggiore per evitarli. Ma gli ostacoli e confusioni ordinari sono una parte della creazione e parte delle nostre vite; non possiamo eliminarli e se qualcuno volesse un luogo assolutamente quieto, libero da ogni distrazione, sarebbe difficile trovarlo. Il rimedio è semplicemente ignorarli tutti e raccogliere ciò che è importante. Bisogna discriminare. Per esempio:

C’era un re che uscì a cavallo e dopo poco sia lui che il cavallo avevano molta sete. Nella sua ricerca per un po’ di acqua, arrivò ad un pozzo dal quale veniva pompata l’acqua con un mezzo meccanico. La pompa faceva un gran chiasso e il suo cavallo non volle bere perché era nervoso e distratto dal rumore. Allora il re chiese ai manovali di fermare la pompa per un attimo per fare bere il cavallo. Ma quando fermarono la pompa, ovviamente, non c’era acqua disponibile. Ci provò diverse volte, poi il capo della squadra disse, ‘Caro re, se riesci a fare bere il tuo cavallo nonostante il rumore, allora bene; altrimenti via da un’altra parte!’

Il morale è che la nostra mente attiva è come il cavallo. Nonostante sia interessata a bere l’acqua della conoscenza spirituale, è così persa nella distrazione dei rumori esterni che non riesce a bere. I saggi, però, mentre sono consapevoli dei rumori, li ignorano, e prestano attenzione soltanto a ciò che è utile al Se’.

 

Il servizio di Hanuman a Raja

Come possono le attività quotidiane di un lavoro  essere portate maggiormente sotto buone influenze? Ci sono dei momenti rari e meravigliosi quando abbiamo la sensazione di essere semplicemente lo strumento di aiuto per le altre persone. Come possiamo aumentare la frequenza di questi momenti?

Supponiamo che uno sia impegnato ad avere cura di bambini piccoli o neonati: non c’è mai un senso di dovere, lavoro, servizio, obbligo, aiuto, sacrificio o qualsiasi altra forma di ego, perché è tutto gioco. Questo gioco arriva dall’amore, che è come un oceano nella quale due corpi interagiscono in un certo tipo di movimento. Non c’è altro che amore; nessun concetto di personalità o ego risale da una parte o dall’altra.

Questo è vero lavoro. Qui le persone sono solo strumenti e la creazione è felicità. Se uno potesse stabilire la stessa relazione nel lavoro quotidiano, allora chi esegue sarebbe lo strumento e il ricevente sarebbe anche uno strumento, e i due diventerebbero Uno. L’unione così ottenuta sarebbe una fonte di felicità. Ognuno di noi sperimenta questi momenti di gioia quando rimuoviamo i nostri strati di individualismo o personalità o qualsiasi tipo di ego. Il rimedio è semplice. Lasciare andare qualsiasi concetto di essere colui che agisce e sarà dappertutto felicità.

Hanuman (il dio scimmia) è un esempio. Conosceva solo servizio, e non sapeva mai di servire, non cercava risultati. Il piacere del suo padrone era l’unica cosa che gli importava. Non meditava mai, non entrò mai in samadhi, non si occupò mai dello studio delle scritture o discussioni spirituali. Il suo unico servizio era quello che riusciva a fare con tutta la sua attenzione. Quando il suo padrone, Rama di Ayodhya, fu insediato sul trono insieme alla moglie Sita, a tutti gli inservienti vennero date delle ricompense per i loro servizi. Avendo dato regali a tutti gli altri, Rama chiese a Sita di dare un regalo a Hanuman. Sita gli diede la sua collana di perle più pregiata. Egli esaminò attentamente ogni singola perla e poi cominciò a spaccarle una ad una e alla fine buttò via i frammenti.

Le persone all’incoronazione erano allibite dal suo comportamento e gli domandarono cosa stesse facendo.

Disse che stava cercando il nome del suo Signore ma visto che non l’aveva trovato, aveva buttato via le perle, perche’ erano inutili.  Gli dissero: ‘Ma non trovi il nome del tuo signore in ogni cosa! Puoi dire di avere il suo nome dentro di te?’ Egli si aprì il petto e vide che lì c’era seduto il suo signore. Rama allora disse a Sita di dare a Hanuman solo delle benedizioni, che sarebbero stati sufficienti. Ella gli diede la conoscenza segreta dell’Assoluto, con la quale fu liberato.

L’idea è di servire senza desiderio di ricompensa, neppure l’idea della beatitudine.

 

L’elefante e il Mahout

Con l’idea di godere tutto il creato con un atteggiamento imparziale, uno si potrebbe chiedere cosa è buono o malvagio? La domanda non puo’ avere risposta. Infatti, non c’è buono o cattivo; è soltanto una nostra etichetta. E’ la nostra preferenza per l’uno o l’altro che rende uno buono e l’altro cattivo.

Se si riuscisse a mantenere questo stato di essere l’osservatore silenzioso e imparziale, si vedrebbe che nessuna di queste cose esistono. Si rimane nel presente, si agisce come l’occasione comanda, e tutto passa. I saggi una volta discussero della questione di ricavere la felicità da tutti gli aspetti multiformi del mondo, e la discussione portò alla conclusione che non bisogna immischiarsi ne da una parte ne dall’altra, fisica o sottile, ma semplicemente osservare. Perché l’Assoluto è in tutto, e questa creazione è un organismo meccanico molto efficiente che sta funzionando secondo le leggi dell’Assoluto, uno dovrebbe sempre vedere l’Assoluto dietro a ogni fase che passa.

Uno degli ascoltatori se ne andò e per la strada vide un elefante. Si ricordò che l’Assoluto è in tutto, perciò pensò, ‘L’Assoluto è nell’elefante e sicuramente non mi farà del male.’ Il Mahout sulla schiena dell’elefante continuò a gridare e dirgli di scansarsi, ma l’uomo sulla strada lo ignorò fino a quando l’elefante non lo prese e lo buttò di lato. Allora l’uomo tornò dai saggi e disse che era stato male informato: egli credeva che l’elefante fosse l’Assoluto, e lui stesso era l’Assoluto e l’Assoluto non avrebbe danneggiato l’Assoluto in nessun modo, ma invece sì!

Allora gli fu detto, ‘ Hai dimenticato che anche il Mahout era l’Assoluto. Perché non hai ubbidito all’Assoluto quando ti ha gridato, sei stato punito. Tu, in effetti, hai scelto uno delle due. Non scegliere, non mostrare pregiudizio, non avere preferenze impertinenti, allora tutto sarà chiaro e troverai la tua strada senza impedimenti’.

 

Lo swami e la vipera

Un giorno Swami Ramitirtha, che era del Punjab, vide una vipera nera sulla sua strada; era una vipera dal cappuccio e aveva il cappuccio aperto. Ramatirtha si limitò a sorridere e ridendo disse, ‘O mio Signore, mi sei parso davanti in una forma così spaventosa – ma perdonami, non mi piace la Tua forma questa volta, per piacere vai via.’ E la vipera se ne andò.

Questo dimostra come comportarsi da osservatore silenzioso e senza pregiudizio che non ha dualità – nessuna divisione mentale tra buono e cattivo.