Capitolo 11: L'amore e la vera conoscenza

IL TEMPIO CON QUATTRO CANCELLI

Come possiamo connetterci con la fonte della conoscenza?

C'è una fontana della conoscenza e una doccia della conoscenza. La doccia è la sorgente esterna, del mondo, che viene dai libri, dalle scuole e da uomini santi. Le persone che sono profondamente coinvolte nel mondo materiale del piacere, sono come vasi capovolti. Per quanto sia forte la doccia, niente ci entrerà. Tali persone si privano, si chiudono e vivono delle poche gocce che entrano senza che se ne accorgano. Coloro che si tengono aperti di solito trovano tante cose per riempire la loro vita di pace, gioia e conoscenza. L'altro tipo di persone che sembra essere connesso con la fontana della conoscenza o che sono diventate loro stesse la fontana della conoscenza, sono molto rare. Esse sono state sulla Via già nella vita precedente e sono morte prima di poter realizzarsi, come gli yoghi. È questa conoscenza accumulata che forma la fontana in questa vita. Loro non hanno bisogno molto dall'esterno. Una volta che il coperchio è aperto la sorgente sgorga fuori.

Per arrivare alla sorgente le persone comuni devono solo aprire il vaso e lasciarsi riempire. Solo dopo la realizzazione del Se’ si può arrivare alla fonte della conoscenza. Una persona meritevole sicuramente erediterà la fonte. Non è questione di geografia. Persone che sono vicine alla fonte potrebbero non esserne neanche consapevoli, invece qualcuno da una terra lontana potrebbe acquisirla semplicemente per la sua sincerità e devozione. Sebbene tutti ricevano un po' di influenza dalla fonte, solo chi prepara se stesso la erediterà. A Kashmir c'era un tempio di Sharada, la dea della saggezza, con quattro cancelli: uno per la virtù, uno per il benessere, uno per i desideri e uno per la liberazione. I primi tre erano aperti ma il quarto era chiuso. Solo un uomo realizzato poteva aprirlo. Adi Shankara andò lì per caso ed entrò al tempio attraverso il quarto cancello. Gli uomini colti del tempio si chiesero come avesse fatto ad aprire il quarto cancello. La dea Sharada rispose che Shankara era un uomo realizzato che è arrivato alla fonte.

 

LA DISTRUZIONE DEGLI ALBERI DI SANDALO

Un ricco proprietario terriero era compiaciuto di uno dei suoi dipendenti, un giardiniere di professione. Volendo ricompensarlo per il suo fedele servizio gli diede uno dei suoi giardini da curare e trarne  profitto. In questo giardino c'erano alcuni alberi di sandalo, il legno più prezioso in India. Il giardiniere non conoscendone il valore, cominciò a tagliarli uno dopo l'altro, a bruciarli e a vendere il carbone al mercato. Una volta passò di lì il mercante per vedere come se la cavava. Con grande orrore vide ciò che stava facendo e gli gridò: “Buon uomo, lo sai che se prendi un piccolo pezzo di questo legno e lo pulisci ti rende molto più di tutto il carbone che fai bruciando tutti i legni!”. Quindi devi proteggere la vera conoscenza

.IL GANESH D’ORO E IL TOPO

Nella fase iniziale, quando alle persone bisogna insegnare ad apprezzare l'unità, è sempre necessario mostrare l'illusione del dualismo prima di poter insegnare che due è uno. Sebbene si chieda di amare la verità o di amare Se’, o di conoscere il Se’ o conoscere la verità, in realtà non c'è dualità. Non c'è un amante della verità e non c'è una verità che può essere amata da qualcuno. Loro sono una cosa sola ma si usano queste parole per motivi di insegnamento.

Prendete un esempio dal Brihadaranyaka Upanishad che dice che c'è solo uno e non il secondo. Sebbene sembri che uno può avere due forme diverse, dobbiamo imparare ad andare oltre e capire l'unità dell'Assoluto.

Per vederlo a livello fisico prendiamo l’esempio dell'oceano. Quando è fermo viene definito oceano, quando ha le onde allora si parla delle onde come se fossero qualcosa di diverso dall'oceano. Si può separarle? In effetti non è possibile. Così e’ per la verità. Il Sè conosce il Sè Universale, non c'è altro modo di conoscere, perchè sono una cosa sola. Tuttavia finchè c'è ignoranza, esisterà l'illusione della dualità. Noi vediamo il Sè come qualcosa che deve essere conosciuto, in realtà solo il Sè può conoscere se stesso.

Un uomo volle venerare Ganesh, il figlio di Shiva, che cavalcava un topo. Aveva un po' di oro e voleva fare un'immagine d'oro. Fece un grande topo, prendendo più della metà dell'oro e un piccolo Ganesh seduto sopra. Dopo un po' di tempo ebbe dei problemi economici, così si consolò con il pensiero che la devozione non deve essere fatta di oro. Avrebbe potuto rifare l'immagine con della pietra o del legno.

Quando ne fu convinto, prese l'immagine divina per scambiarla con del denaro per poter far fronte alle sue difficoltà economiche. Prese il topo e il dio Ganesh e li portò da un gioielliere che fece il prezzo a seconda del peso, quindi propose cento rupie per Ganesh e centocinquanta per il topo. Questo irritò molto l'uomo che disse al gioielliere che di certo il dio doveva valere di più del topo. Il gioielliere rispose che quale che sia il valore che l'uomo da alle due cose, il suo punto di riferimento è la quantità di oro; lui era un gioielliere e il peso era tutto ciò che lo interessava.

Lo stesso si applica all'amore per la verità o per la conoscenza. Finchè uno non fa esperienza della verità, questa illusione del dualismo sarà sempre lì.

IL BRAHMIN CHE VOLEVA UN FIGLIO IN VECCHIAIA

Ci sono due tipi di conoscenza, una su come vivere in questo mondo e un'altra su come preparare la via per il prossimo viaggio. Di seguito un esempio preso dai miti.

C'era un Brahmin che aveva una moglie, ma lei non poteva avere figli. Egli divenne ossessionato dal desiderio di avere un figlio e successe che quando aveva già sessant'anni passo’ di lì un uomo santo. Il Brahmin lo pregò perchè lo benedisse affinchè potesse avere un figlio . L'uomo santo rispose: “ Beh, hai già una certa età cosa farai con un figlio? È molto meglio se ti dedichi al mondo spirituale e ti prepari per il tuo prossimo viaggio. Potresti vivere rammaricandoti di avere un figlio”. Ma il Brahmin era così infatuato dall'idea di avere un figlio che continuò a insistere perchè il sant'uomo lo benedisse, dicendo: “se non mi benedici affinche’ io possa avere un figlio, mi ammazzo”. Il sant'uomo cedette e promise di fare quanto gli era stato chiesto. Benedisse un frutto , dicendo: “ dai questo a tua moglie affinchè lo mangi e avrai un figlio”. La moglie, che  non voleva un figlio, diede il frutto alla loro mucca e adottò un bambino che era appena nato da qualcuno nella loro famiglia, se ne presero cura e lo allevarono.

Tuttavia, crebbe violento e distruttivo ed era solito picchiarli e alla fine li buttò fuori casa. Non avevano un posto dove andare, quindi si ritirarono nella jungla dove per lo meno potevano pregare Dio fino alla fine dei loro giorni. Erano molto dispiaciuti di non aver ascoltato l'uomo santo.

La mucca, alla quale era stato dato il frutto, partorì un uomo con le orecchie come una mucca; il suo nome era Gopal, che vuol dire l'uomo dalle orecchie di mucca. Lui era un essere santo ( perchè era stato benedetto da un santo) e dedicò la sua vita agli studi e attività spirituali. Dopo aver realizzato se stessò andò alla ricerca dei suoi genitori dai quali era destinato. Quandò arrivò alla jungla dove i due stavano pregando e vivendo segregati, stette lì e diede loro la vera conoscenza.

Questo mito insegna che per quanto possa essere attraente mostrare alle persone cose miracolose per soddisfare le loro ossessioni , questa non è la strada giusta. La strada migliore è quella di avere la vera conoscenza.

I FRUTTI DELLA ZUCCA E DEL MANGO

Ci sono due tipi di persone: quelli che lavorano prevalentemente con la testa e quelli che lavorano prevalentemente con il cuore. Quelli che lavorano con la testa sono solitamente inclini a fare troppi discorsi, quelli che lavorano col cuore accettano la disciplina e il discorso senza ragionarci troppo e amano andare avanti col lavoro. Ma nessuno dei due è veramente completo perchè l'uomo razionale, che è quello che porta avanti il discorso ma non pratica la disciplina, non passerà allo stato successivo, quindi non sarà in grado di ragionare meglio o più profondamente. La persona che pratica la disciplina solo per fede, se incontra la persona dell'altro tipo non riuscirà a tenergli testa. Inoltre è possibile che abbia qualche dubbio dentro il cuore riguardo alla disciplina ed è molto probabile che sotto la pressione di idee opposte, ci rinunci. Di seguito una storia che parla di questo:

Due persone stavano andando a fare il bagno nel Gange e mentre camminavano verso la riva l'uomo che lavorava solo con la testa disse all'altro: “ Guarda il Creatore, deve essere un pazzo perchè non sa quello che fa”. Mentre procedevano oltrepassarono due tipi di piante: una era una zucca che cresceva nel terreno sabbioso sopra il fiume con tante grandi zucche e due metri più avanti c'era un albero di mango. L'intellettuale disse: “ questa è una pianta così piccola e il Creatore le ha dato dei frutti così grossi e se guardi l'albero di mango, che è un albero così grande, ha dei frutti così piccoli. Deve essere stupido per fare una cosa del genere”.

L'altro uomo non era in grado di rispondere e non potè dire che lui sapeva che l'Assoluto non era pazzo nel fare questo, quindi stette zitto e si sentì dispiaciuto per se stesso.

Quando stavano tornando dopo aver fatto il bagno, lungo la strada verso casa si sentirono stanchi e pensarono di riposarsi sotto un albero. Mentre dormivano un mango cadde sul naso dell'intellettuale. Lo colpì forte e lui provò un gran dolore; disse gridando all'altro uomo che adesso aveva capito perchè l'Assoluto aveva fatto un frutto così piccolo su alberi così grandi. “ Se avesse fatto come dicevo io, sarei rovinato!”.

La morale è che entrambe le vie sono insufficienti. La vera via è mettere queste due cose insieme. Con entrambe all'unisono la vita è migliore e più significativa.


RAMAKRISHNA E VIVEKANADA

Tutti siamo capaci di avere un cuore tenero ma a causa di certe circostanze pu’ diventare duro. Vivekanada ( prima si chiamava Narendra) andò da Ramakrishna che era il più grande santo di quei tempi. Il cuore di Narendra era così duro che non mostrò neanche rispetto al santo e con arroganza gli chiese: “ Hai visto Dio?” al che Ramakrishna rispose: “ Sì l'ho visto”. Quindi Narendra chiese: “ Come hai fatto a vederlo?” e Ramakrishna rispose: “ Così come vedo te”. Narendra allora disse: “ Mi fai vedere Dio?” e Ramakrishna rispose: “ Sì te lo farò vedere a suo tempo”. Dopo questo Narendra rimase con Ramakrishna. Un giorno andarono a fare il bagno nel fiume. Il santo chiese a Narendra di avvicinarsi a lui e gli disse di andare sott'acqua. Nel momento in cui fu sott'acqua Ramakrishna saltò su di lui e lo tenne con forza sott'acqua. Questo ragazzo gracilino combattè con tutte le sue forze per uscire dall'acqua e salvare il suo respiro e la sua vita. Ma più combatteva, con ancora più forza il santo lo teneva sotto finchè con tutta la sua forza Narendra gettò via dalle sue spalle il maestro e uscì dall'acqua. Quando, pieno di rabbia, accusò Ramakrishna di averlo voluto affogare, il santo sorrise e rispose: “ Beh, Narendra, se tu usassi la stessa forza che hai messo per uscire dall'acqua, nel desiderio di vedere Dio, sicuramente lo vedresti!”. Così tutta la grazia, l'attenzione e l'amore del maestro, sciolsero il cuore del giovane ribelle. Diventò uno dei più grandi esponenti della filosofia Vedanta in India e nell'Occidente. Cosi’ è possibile sciogliere i cuori di coloro che, a causa delle circostanze, hanno dei cuori induriti. Hanno semplicemente bisogno di amore, cura e un discorso ragionevole che li aiuti a sciogliere i loro cuori.


LE PERSONE CIECHE E L'ELEFANTE

In India i Veda sono considerati la collezione più autorevole di scritture. Tutto fa riferimento ai Veda. Un sistema può essere onorato in India solo se ha l'appoggio dei Veda. Quindi tutti cercano i Veda per avere il loro supporto. Nei Veda e in particolare in un passo delle Upanishad è detto che senza la conoscenza non è possibile ottenere la liberazione. Tutte le persone inclini alla via intellettuale, hanno sempre citato questa parte dei Veda per mostrare che nessuno, chiunque egli sia, che non abbia studiato l'Assoluto e affinato la conoscenza su questo, può liberare la propria anima dalla dualità della nascita e della morte. Allo stesso modo, le persone devote citano dei versi dei Veda per dimostare che senza la devozione non è possibile ottenere la liberazione e dicono: “ Dopotutto la conoscenza è solo una cosa sterile, quindi a cosa serve! È solo attraverso la devozione che è possibile avvicinarsi all'Assoluto, dimentica ogni conoscenza e ogni attività!”. Ma coloro che praticano attività possono pure citare dei versi dai Veda per dimostrare che se non metti in pratica gli insegnamenti, compiendo azioni giuste, non accadrà nulla; per la realizzazione del Sè è necessaria un'intensa disciplina fisica, quindi tutta la tua conoscenza e devozione è inutile a meno che tu non la metta in pratica nelle tue faccende quotidiane. L'uomo comune nel sentire le citazioni da queste tre fonti di solito rimane perplesso perchè non può darsi totalmente alla conoscenza, né all'attività, né essere completamente devoto all'Assoluto in quanto deve portare avanti la propria vita. Quindi per chiunque abbia ascoltato differenti punti di vista e divenuto perplesso, è necessario che si faccia delle domande e abbia tutto chiarito per il proprio bene. Eccovi un esempio:

 Una volta apparve nel villaggio un elefante; la notizia circolò ovunque e tutti vollero vederlo. Sfortunatamente la maggior parte degli abitanti era cieca, ma volevano comunque vederlo, quindi vennero accompagnati. Il mahout[1] permise loro di toccare l'elefante e naturalmente ognuno toccò una parte diversa. Dopodiché si incontrarono per verificare che quello che avevano toccato fosse ralmente l’elefante: quello che toccò i piedi disse che l'elefante era una colonna; quello che toccò la coda disse che era come un ramoscello; e andò avanti così con le orecchie, la proboscide, le zanne, la pancia, etc. ogni persona lo descrisse in base alla propria esperienza. Cominciarono a litigare: “ Il tuo non era il vero elefante, era un'illusione, il mio è quello vero, etc.”. Finche’ il mahout disse: “ Nessuno ha un'immagine completa dell'elefante. Tutto quello che potete fare è mettere insieme le diverse esperienze dell' “elefante” e da queste esperienze immaginare una nuova creatura che è conosciuta come elefante, ma è la somma di tutte queste parti e qualcosa in più, che rappresenta l'unità della creatura conosciuta come elefante”. Allo stesso modo, a causa delle diverse citazioni delle scritture, può instaurarsi un dubbio o un conflitto nelle menti delle persone. Devono sforzarsi per arrivare alla verità, perchè ci sono persone come questo mahout, nelle nostre vite spirituali, che sono disponibili a dissipare i nostri dubbi.


L'UOMO CHE VOLLE ANDARE DA SUO SUOCERO

L'amore è la forza motivante che sta dietro a tutti i processi nel mondo per sostenerlo. Il mondo non si potrebbe sostenere senza l'amore. Nel caso della vita umana esempi di amore sono l'amore dei genitori, dei fratelli, degli amici, dei colleghi, etc.. Anche il comportamento degli insetti e delle tarme sembra essere basato su una certa forma di amore a tal punto che anche la massima causa di ostilità è amore perchè l'ostilità viene fuori quando l'amore è ostacolato. Quindi la dualità dell'amore e dell'ostilità è ovunque. Noi vogliamo la cosa che amiamo e se non riusciamo ad ottenerla diventiamo ostili. Un amore libero da questa dualità è vero amore. Tutto il dramma messo in atto da Dio rappresenta questa sola cosa. Ma non c'è nessuno che lo capisce. Questo gioco del nascondino continua ad andare avanti. Tutti noi cerchiamo qualcosa. Alcuni la cercano nell'annullamento, altri nella creazione, chi nella luce, chi nelle tenebre, altri nell'intelletto, etc.. In reltà è Dio ciò che cerchiamo e Dio è nascosto in tutto questo e altro ancora. Ma mentre cercano, le persone si dimenticano cosa stiano cercando in realtà.

Un uomo voleva andare dai suoi suoceri per incontrare sua moglie. Andò alla stazione dove c'era il treno fermo al binario e gridò all'impiegato della biglietteria: “un biglietto per dove sono i miei suoceri, prego”; “il nome del posto, per favore” insistette l'impiegato; “Oh il posto dei miei suoceri!La prego faccia veloce!”, “Allora me lo dice il nome?”, “ ma glielo sto dicendo, il posto dei miei suoceri. Perdio faccia veloce, il treno sta partendo!”. E il treno partì, lasciandosi dietro l'uomo. Una cosa che succede a tutti noi. Ramana Maharshi passò quattordici anni chiedendosi: “Chi sono io?” appena imboccò la strada giusta, gli ci volle solo un minuto per capire che lui era tutto. Quando Rama stava cercando Sita nel bosco, era così perso nei suoi pensieri che dimenticò tutto di se stesso. Fece a Lakshman simili domande: “ Chi sono io? Che cosa è questo? Che cosa è quello? Dove sono? Come ci sono arrivato?” Quando Lakshman glielo ricordò lui perse nuovamente la memoria. Ancora ed ancora vennero fatte queste domande e date risposte, ma dimenticate continuamente. Questo è ciò che succede a tutti noi. In uno stato di continua dimenticanza, cerchiamo qualcosa senza riuscire a trovarla. Vogliamo sapere chi siamo. Vogliamo essere felici, questo è , e cerchiamo Dio. Ma Dio è tutto sebbene ci sia un velo di ignoranza tra noi e Lui. Dovremmo vedere Dio in tutto . Se lo facciamo, riceviamo dei favori speciali da Lui. Quindi questo velo dell'ignoranza si solleva e l'illusione, che ci ha ingannato tutto il tempo, non lo farà più ma anzi ci aiuterà. Quando abbiamo il senso dell'orientamento, il lavoro non sembra più così pesante. Quando perdiamo la direzione, quando non sappiamo la strada, allora arrivano i guai. Quando sappiamo il posto dove andiamo e sappiamo la direzione, allora il viaggio diventa facile. Quando noi non sappiamo questo allora sperimentiamo tanta difficoltà.


RAMA- L'UOMO IDEALE

Ramayana è stato scritto in dialetto dal grande poeta indiano Tulasidas. Il nome dell'opera è Rama Charita Manasa che significa: ciò che descrive le imprese di Rama, o di un personaggio che è un uomo ideale simbolizzato da Rama. Questo uomo ideale, non e’ necessariamente un uomo fisico, perchè in questa storia l'uomo fisico è intrecciato con l'uomo psicologico e divino. Tutti e tre gli stati del nostro essere, quello fisico, quello sottile e quello spirituale sono espressi in questo libro e Rama simbolizza l'uomo ideale. La storia narra che quando Rama è nato a Ayodhya, tanti altri ragazzi sono nati lo stesso giorno e vivevano tutti insieme. Tutti parteciparono alla celebrazione del suo matrimonio, i suoi genitori, familiari, amici e sacerdoti. Questi giovani amici di Rama si lamentarono con lui che si stava sposando non importandogli nulla di loro. Allora Rama promise che non si sarebbe sposato a meno che tutti loro fossero sposati, quindi le giovani ragazze di Janak-Puri venivano preparate per sposare tutti quei ragazzi di Ayodhya. Il significato di questo matrimonio, che è un matrimonio fisico, è collegato anche al mondo spirituale. Qui Rama simbolizza l'Assoluto e Sita (la sua promessa sposa) simbolizza la natura; il matrimonio significa semplicemente unione, il mettere insieme. La natura è anche considerata la sposa ubbidiente del Signore della Creazione. I giovani ragazzi rappresentano gli esseri individuali dell'universo. Le giovani ragazze di Janak-Puri rappresentano la vera conoscenza o le scritture e devono unirsi a loro. Ogni individuo deve acquisire questa conoscenza pura e portare se stesso e sua moglie allo stesso stato di unione del Signore della Creazione e della natura.

La storia parla anche di come i sannyasin[2], uomini santi, presero parte a questa processione. È molto inusuale per i sannyasyn seguire una processione matrimoniale, quindi è necessaria una spiegazione. Il motivo è che il re di Janak-Puri, lo Janak, è conosciuto anche come videha, un uomo che non da molta importanza al mondo fisico, un uomo che, sebbene dimori nel suo corpo, non vi è attaccato in quanto vive nello spirito. Janaka è uno stato, un paese dove prevalendo la conoscenza, il corpo fisico non ha più tanta importanza e questo è possibile solo perchè là si parla della vera conoscenza e viene praticata nella vita di tutti i giorni. Quindi gli uomini santi andavano lì per sperimentare questo: come si fa a vivere il corpo, abitarlo eppure non esserne legato.

Sebbene la storia parli del mondo fisico, dietro c'è quello divino o spirituale. In India è tradizione raccontare storie che seppur parlino di uomini e donne fisici sono costruite in modo da parlare della vera storia dello spirito e degli Dei.


COME ADI SHANKARA INSEGNO’  CON L'AIUTO DI GIRI

In base alla natura umana ci sono tre tipi di persone: quelli che vogliono seguire la via dell'azione, quelli che preferiscono la via della conoscenza e quelli la via della devozione. Ognuno di loro deve compiere delle specifiche azioni. L'uomo d'azione, se non si è preparato con la conoscenza e la devozione, è molto simile a un animale. Ma gli altri due, quello che va secondo la via della saggezza e conoscenza e quello sulla via della devozione, dimostrano che ci sono queste due vie predominanti ovunque, anche in India. Loro credono che ci siano due vie che portano alla realizzazione del Sè e vanno insieme; entrambe sono giuste fino a un certo punto. Si può dire con certezza che se uno adotta un mantra adatto a quello che desidera avere e lo pratica nel modo giusto per un certo periodo di tempo, allora avrà ciò che desiderava e sarà in grado di fare qualsiasi cosa fosse racchiusa nel mantra. Un uomo che vuole percorrere la via della conoscenza può pure acquisire conoscenza e diventare esperto. Tali uomini sono come quelli del catasto che hanno tutte le mappe e i progetti della regione e delle fattorie ma non possono coltivare nulla. I loro fogli non sono produttivi in nessun modo. Quelli che sono sulla strada della devozione hanno piena fede e arrivano alla realizzazione con l'esperienza e la pratica e possono non necessitare di alcuna conoscenza, ma se devono spiegare la strada agli altri, potrebbero non esserne capaci e vice versa l'uomo della conoscenza potrebbe non riuscire a mettere in pratica niente. Tuttavia per quanto un uomo sia erudito e in grado di spiegare nel minimo dettaglio potrebbe non essere sufficiente per smuovere il cuore di alcuno. Il suo cuore è vuoto. Ci sono tanti esperti che conoscono tutte le scritture e possono certamente parlare molto meglio di un monaco o di un santo, ma se guardi bene nella loro vita è praticamente vuota di ogni qualità spirituale. Ma ci sono altri esempi dove tutte queste forze sono messe insieme , come la vita di Adi Shankara (il primo Shankaracharya). Lui ebbe l'azione, la saggezza e la devozione. Tutto era nella pienezza e in attivo nella persona di Adi Shankara. Lui soleva guidare i suoi discepoli in Jyotir Math, istruendoli e aiutandoli nelle pratiche di devozione. C'era uno dei suoi discepoli, di nome Giri, che non era per niente interessato alla parte della conoscenza ma era il più grande devoto del Shankaracharya. Al mattino Adi Shankara era solito recitare e spiegare le scritture e tutti i discepoli si radunavano per ascoltarlo. Un giorno Giri era in ritardo e gli altri discepoli erano disturbati dal fatto che si doveva iniziare così tardi a causa di uno stupido ragazzo a cui non interessava per niente la conoscenza. Uno dei discepoli, Padma Pada, si innervosì e disse: “ Mio signore, a questo uomo non importa capire o imparare niente; lui è più simile a un animale a cui non interessa la conoscenza, perchè dobbiamo perdere tempo ad aspettarlo?”. Adi Shankara che sapeva che quest'uomo, per quanto erudito e molto informato, avrebbe condannato la via della devozione, volle insegnargli una lezione una volta per tutte. Quando Giri, il discepolo ignorante, si stava avvicinando all'ingresso, Adi Shankara trasferì le sue forze dentro di lui e questo cominciò a recitare uno degli scritti più devoti che sono attribuiti a Trota Kachanya. Quando Girì entrò recitando questi versi, tutti furono stupiti e si chiesero: “ Come fa un uomo così stupido come Giri comporre e recitare tali versi? Non solo recitare, ma comporre e recitale versi originali!”. Allora Adi Sankara spiegò che è possibile per un uomo devoto acquisire tutta la conoscenza ma sono casi eccezionali. È veramente eccezionale che ogni cosa sia disponibile solo attraverso una strada. Di solito c'è bisogno di unità tra devozione e conoscenza; queste devono lavorare insieme e solo dopo è possibile qualcosa di fruttuoso; specialmente per la sua età, solo con la devozione non può conquistare molto. Conoscenza e devozione sono necessarie in ugual modo affinchè siano efficaci.


I DUE ARTISTI

Quando ShanKaracharya parla di offrire tutto ciò che si ha a Dio, si rivolge a entrambi i tipi devoti e intellettuali o riguarda solo uno in particolare?

Sopravvivere è necessario per tutti e tre i tipi di persone (uomini di conoscenza, azione e devozione) perchè se non sopravvivi non troverai l'illuminazione neanche per una via intellettuale. La sopravvivenza è necessaria ovviamente per la devozione e la fede. Qui c'è una storia che illustra le differenze tra la strada della devozione e quella intellettuale:

due artisti in visita a un paese andarono dal re e gli dissero: “Noi siamo artisti e vorremmo mostrare la nostra arte. La bellezza della nostra arte è che entrambi dipingeremo la stessa cosa” il re disse: “ Non è molto difficile, vi copiate l'un l'altro!”. Allora dissero: “Dacci solo una stanza ma dividila a metà; uno lavorerà in una parte e l'altro nell'altra e alla fine vedrai che abbiamo dipinto la stessa cosa”. Il re si incuriosì e fece come chiesero.

Venne preparata una stanza divisa a metà. Una metà venne data ad un artista e l'altra metà all'altro. Dopo aver pulito la parete il primo artista cominciò a fare uno schizzo di una bellissima figura. L'altro uomo stava appena finendo di pulire la parete, puliva, puliva e ripuliva, pulendola così tanto che alla fine si chiese cosa avesse davanti. Dopo che la divisione venne tolta, vi si proiettò la luce e si vide che lo schizzo fatto dal primo rifletteva perfettamente sulla parete del secondo: si vedeva la stessa cosa. Ora, quello che fece lo schizzo era un devoto, l'altro che lucidò era un intellettuale. In altre parole l'intellettuale riflette il supremo, mentre il devoto lo crea.

Se uno guarda l'analogia con più profondità, si può vedere la devozione come amore di quello che si crea?

Sì l'amore ha una parte qui. Un intellettuale crede che non ci sia nulla al di fuori di Dio. L'approccio della devozione è che tutto è Dio. Anche l'uomo che prende la strada della conoscenza, aveva inizialmente la devozione che gli diede quell'impulso di andare più in profondità nella ricerca. Anche se non si rende conto che c'è devozione in lui, c'è una scintilla di devozione che lo ha messo sulla strada. Lui vuole capire un aspetto di Dio così da poter vedere la realtà trascendentale nella forma di conoscenza. Se prendi l'altra strada, la strada della devozione, anche lì il devoto deve avere una certa conoscenza per sapere a cosa unirsi, non deve essere una piena conoscenza ma deve avere una certa conoscenza di Dio per andare più in profondità o avanti con la devozione. Più arriva vicino a Dio, l'amato, più vuole mostrare tutto quello che il suo amato ha. È il dramma che Dio ha creato che si manifesta. La strada della devozione è la manifestazione o l'illustrazione in azione del devoto di tutta la gloria di Dio; l'atto di conoscenza è di analizzare quello che c'è dentro l'illustrazione. Di fatto vanno entrambi verso lo stesso punto ma da direzioni diverse. Naturalmente succede che il devoto, essendo arrivato a destinazione, percependo l'unione, vuole vedere tutti gli aspetti di Dio, quindi si rivolge alla conoscenza. Quello che arriva attraverso la conoscenza, vuole sperimentare tutti gli aspetti di Dio, quindi si rivolge alla devozione. In entrambi i casi la fine è esattamente la stessa. Per acquisire un risultato permanente, devi avere un sistema di filosofia, come l'Advaita, e devi seguire ogni passo per arrivare al risultato.

Nello yoga Patanjali il corpo e l'intelletto vengono addestrati per tenere sotto controllo i sensi e il movimento della mente. Quindi si deve imparare a regolare la propria attività e obbedire ad alcune regole di condotta: stare seduti in silenzio e nel modo giusto senza fare troppo movimento e regolare il respiro; disperdere tutti i pensieri sul mondo e tenere in testa solo un'idea; solo allora è concesso meditare. Lo yoga Patanjali è un sistema fatto di otto gradini ed è difficile, solo una persona capace può seguirlo e anch'esso deve avere una guida. La meditazione è una via più semplice per fare gli stessi passi. Non è il sistema che da fastidio alle persone ma la mancanza di esso. Loro vogliono essere libere e ottenere risultati. Come possono ottenere qualcosa senza lavorarci? Devono imparare il controllo. La natura è purificata e imbellita grazie al controllo e a una pratica regolare, non facendo tutto ciò che ti pare.

Lo yoga è come il dipinto nel racconto dei due artisti, mentre la meditazione è come la pulizia. Il risultato è lo stesso ma ognuno ha il suo modo. Entrambi producono il risultato ma entrambi hanno bisogno di lavoro e attenzione. Se la meditazione è fatta bene allora tutte le attività saranno automaticamente bilanciate e controllate. Se non sono controllate e bilanciate allora la meditazione non è fatta nel modo giusto.

Sono molto interessato alla visualizzazione, in quanto lavoro come designer. È come se si scrutasse nel futuro, o si portasse il futuro al presente. Non penso che questa attività sia in qualche modo circoscritta ad attività creative ma ha una parte nella vita quotidiana di tutti. È possibile fare un atto intenzionale senza averlo prima visualizzato? È questa una forma di memoria?

Ci sono due aspetti dell'attività creativa dell'Assoluto, uno che si manifesta e l'altro che si nasconde. Quello di cui stai parlando te è l'atto di manifestazione. Questo atto si compie nel modo giusto solo se l'artista è sano, nel senso che è vuoto, non è attaccato e tutto in lui è puro. Quindi lui guarda questa creazione meravigliosa, sceglie delle informazioni e mette tutto insieme, creando un'opera artistica. Fai al contrario questo processo e avrai la meditazione; nella meditazione tutto ciò che hai raccolto lo vai gradualmente ad eliminare e vai sempre più in profondità dove non c'è nulla tranne la forza creativa, il Sè. Uno è l'arte della manifestazione, l'opera artistica, l'altro è l'arte di andare nel profondo Sè, che è la meditazione. Questi sono i due aspetti della creatività dell'Assoluto. I due aspetti dell'atto creativo sono esemplificati nella storia dei due artisti. Uno è la meditazione, che è la pulizia, portare la lucentezza dell'Assoluto tramite l'eliminazione, così da poter riflettere tutto in modo puro e accurato senza distorsioni. L'altro è l'arte che noi impariamo nel mondo fisico. Quando tu visualizzi prendi le qualità dell'Assoluto; se sei vuoto, non posseduto da niente, allora intraprendi l'atto creativo con l'atteggiamento giusto.



[1]Conduttore di elefanti in India


[2]Il Sannyasa (parola sanscrita che letteralmente significa "rinuncia" o "abbandono") è una forma di monasticismo induista. Può essere intrapresa dai fedeli induisti o sin da giovani, facendosi monaci e intraprendendo per tutta la vita la via spirituale.