CAPITOLO 3 – Disciplina

I genitori che litigarono per il loro figlio non ancora nato

Trovo che la mia mente corre o verso il passato o verso il futuro e non sfrutta il momento presente per la consapevolezza di se stessa.

C’era un avvocato che si sposò e dopo poco lui e la moglie cominciarono a pianificare il loro futuro. L’avvocato suggerì che quando avrebbero avuto un figlio, avrebbero dovuto crescerlo ed educarlo a diventare un avvocato ancora migliore di suo padre. La moglie aveva qualcos’altro in mente. Voleva che il loro figlio diventasse medico perché i suoi genitori erano medici. Cominciarono a litigare e la discussione divenne piuttosto accesa.

Mentre stavano litigando arrivò un sant’uomo che chiese la ragione del litigio. Il marito raccontò le sue ambizioni e così anche la moglie. Il sant’uomo disse a loro di chiamare il figlio e chiedere a lui cosa gli sarebbe piaciuto diventare, ma la coppia rispose: ‘Il bimbo non è ancora nato.’ Allora il sant’uomo rise di tutto questo inutile pianificare ancora prima che ci fosse un figlio. Tali piani futuri non hanno sostanza. Desideri del genere non sono utili. Il puro discernimento sopprime tali sciocchi desideri ed immaginazioni, come un incantatore di serpenti che schiaccia qualsiasi serpente che alza la testa senza motivo. I desideri non sono un male ma troppi sono nocivi e tutte le immaginazioni superflue sono inutili.

Il fantasma e il palo di bambù

Come puoi pensare di aumentare i benefici della meditazione quando non riesci a evitare che la mente continui ad agitarsi durante i trenta minuti della meditazione?

Quando si sta seduti in una posizione immobile per meditare, ci saranno distrazioni esterne e queste distrazioni attireranno la mente. Bisogna imparare a non farsi distrarre da influenze esterne.

A parte le distrazioni esterne, ci saranno anche subbugli interni! Questi continueranno nella mente; continua a ritornare su certe cose che vuole fare – sta semplicemente presentandosi con diverse ‘cartelle’ da esaminare! Quando sei quasi immobile, puoi dedicare più energia a queste cartelle, allora la tua mente cerca di portarle alla tua attenzione. Non è il momento, perciò fate una risoluzione – dite alla mente che non è il momento per guardare quelle cartelle – ‘Quando avrò finito il mio appuntamento con il Se, allora certamente me ne occuperò!’ Ti occupi delle cartelle dopo, risolvendo quelle questioni che sembrano infastidire la mente. Questo è il modo – dalle degli ordini – seguirà i tuoi ordini se comandi. Fai una risoluzione, lascia che stia alla porta, e chiedile di non permettere che nessuna cartella ti sia presentata perché non è il momento. Te ne occuperai dopo. E ricordati di farlo.

Una persona in cerca di conoscenza e pratica spirituale fece ricorso a certi rituali magici con il proposito di ottenere il controllo su un fantasma. Sperava di far fare la maggior parte delle sue incombenze dal fantasma e così essere libero di dedicarsi alla meditazione, lo studio ed il lavoro spirituale. Prima di accettre il lavoro, il fantasma aveva detto che, se non avesse avuto da lavorare, avrebbe divorato l’uomo! Questa era la condizione – doveva essere sempre occupato! L’uomo aveva pensato che c’era talmente tanto da fare che il fantasma sarebbe stato occupato come qualsiasi essere umano, ma il fantasma era così veloce che molto presto aveva finito tutto il lavoro che gli veniva dato. Allora l’uomo ebbe un’ispirazione. Si rese conto che il fantasma era talmente veloce che non sarebbe mai riuscito a tenerlo sempre occupato, perciò avrebbe dovuto dargli un compito perenne e mai terminabile. Ebbe un’idea, disse al fantasma di tagliare un palo di bambù e di portarglielo. Disse al fantasma di fissare il palo in cortile. Quando il fantasma lo ebbe fissato ben saldo, l’uomo gli disse: ‘A men che non ti chieda di venire a fare un lavoro in particolare, il tuo lavoro è di salire e scendere da questo palo!’ Occupato a salire e scendere in continuazione dal palo, il fantasma divenne presto esausto, così si accucciò in fondo al palo ad aspettare ordini da parte dell’uomo!

La mente è simile ad un fantasma; il suo lavoro è di proporre e contro-proporre e non c’è fine alla varietà di controproposte che è capace di produrre. Questo è il lavoro della mente, ed è così che tiene occupate le persone, e le persone si stancano, non solo mentalmente ma anche fisicamente.

Il palo è il mantra. Comanda alla mente di essere lì, e si calmerà velocemente. Non c’è motivo perché la mente non ti debba seguire, la mente esegue sempre un comando. Se la comandi di restare tranquilla, sarà tranquilla. Se il tuo comando è incerto, allora non stai chiedendo alla tua mente di essere tranquilla.

Al massimo si possono fare dieci ore di lavoro e sei di sonno. Per il resto del tempo bisogna occuparsi di cose utili, cioè, in meditazione, buona compagnia, lo studio di buona letteratura o scritture. Usa il tuo discernimento per fare lavorare la tua mente per il Maestro, e non lasciare che la mente stabilisca un regno tutto suo dove fa quello che vuole. Bisogna fare uno sforzo e usare discernimento. Il lavoro duro non nuoce. Non nuoce né al corpo, né alla mente, né al Se. E’ solo una questione di direzione. Lavorare duro per cosa? Lavorare duramente per il Se non farà nessun male.

Usi un’auto per viaggiare veloce. Quando arrivi a destinazione spegni il motore. La mente è come il motore. Se non hai bisogno di usarla, allora non lasciare che corra per niente. Fermala, falla riposare, o dalle qualcosa di utile da fare.

Correre non è nella natura della mente; è incoraggiata a correre. Quando il tuo discernimento le permette di correre, corre. Un’intelligenza debole ne viene sopraffatta.

Non lasciate che il vostro intelletto sia debole o impuro. Meno desideri e poche immaginazioni fan bene al progresso. Questo tiene la mente in forma.

Un motore lasciato acceso consuma la batteria, e bisogna poi ricaricarla. Una mente senza occupazione consuma la nostra energia e dobbiamo ricaricarla. Con la meditazione ricarichiamo energia, allora perché usarla male? Usatela meglio. Usatela per il Se così anche il corpo e i sensi avranno la loro parte di vera felicità. Un motore che lavora troppo corre il pericolo di consumarsi, uno lasciato inutilizzato si arrugginisce. Perciò bisogna trovare il modo di usare l’energia in modo appropriato e bilanciato.

Alcuni passano il loro tempo a giocare a carte. Tali abitudini non sono utili né nel mondo fisico né nel mondo spirituale. Se devi avere un’abitudine, deve essere una buona.

Anche se abitudini non fanno bene al Se, un’abitudine buona ti metterà almeno dalla parte giusta.

Il primo degli Upanishad (Isha Upanishad) inizia: ‘Qualsiasi cosa viva è piena del Signore. Non rivendicate nulla; godete, non bramate la Sua proprietà. Poi sperate di vivere cento anni facendo il vostro dovere.’

Non ci viene chiesto di vivere cento anni di miseria. Però, la nostra vita diventa una vita miserevole per via del nostro sentimento di attaccamento alle cose terrene e questo attaccamento alle cose terrene è la fonte di tutte le miserie. Il mondo, così com’è, non ha dolori. Siamo noi che li creiamo con il nostro attaccamento alle cose terrene.

Attaccamento significa, considerare nostro ciò che in verità appartiene a Dio, ‘il nostro corpo’, ‘la nostra casa’, ‘i nostri beni’, ‘nostro figlio’, ecc. Rinunciate a questa sensazione e vi liberate di tutti i guai.

Non pensate che il mondo attorno a voi, cioè la vostra casa, i vostri soldi, il vostro corpo, ecc., siano senza sostanza. Piuttosto, è il vostro sentimento di attaccamento che è inconsistente. Qualunque cosa vi succeda attorno è giusto, ma quello che è sbagliato è la visione che ne avete. Se poteste correggete il vostro punto di vista, sarete felici.

Il mondo è un grande spettacolo, che Dio ha messo in atto nella forma dell’universo. Ma è solo uno spettacolo. La vostra nascita ne fa parte, la vostra morte ne fa parte. In verità non esiste né nascita né morte. Sappiate questo, e sarete felici.

Il punto di vista comune è che il mondo è tutto e l’Assoluto è nulla. E’ sbagliato mantenere questo punto di vista, e la punizione è essere imprigionati in questo corpo fisico. Non potete essere felici in prigione.

La nostra mente ha la facoltà di pensare a una cosa o l’altra tutto il tempo; non riesce a stare ferma. Se non si ricorda dell’Assoluto, penserà al mondo. Ricordare l’Assoluto porta alla felicità, e pensare al mondo porta infelicità.

E’ vero che le persone non trovano facile tenere la mente fissa sull’Assoluto. La ragione di ciò è la mancanza di allenamento. Finchè non si acquisisce l’abilità, ci sarà questa difficoltà. Ma l’abilità può essere certamente acquisita.

Un neonato non riesce a mangiare il cibo solido perché non ne ha la capacità. Ma questa abilità gli viene facilmente quando gli sono spuntati i denti.

Acquisire l’abilità di pensare all’Assoluto e’ altrettanto facile. Tenete occupata la mente come il servo del mahatma al quale fu ordinato di salire e scendere dal palo.

Avete una mente, avete un corpo, e avete intelligenza. Che la mente sia allenata a ricordare l’Assoluto, che il corpo Lo serva, e che l’intelligenza discerna.                                                                               

Il discepolo che cadde nel pozzo

Non dovremmo mai lasciare che la mente si costruisca il suo proprio regno di piacere.

C’era un discepolo che seguiva un sant’uomo. Aveva l’abitudine di andare in città a raccogliere l’elemosina per comprare il cibo per entrambi. Un giorno vide una processione. Quando ne chiese il motivo gli fu detto che un ragazzo ed una ragazza si stavano sposando e avrebbero vissuto insieme innamorati, in pace, e felici. Dopo poco si fermò vicino ad un pozzo a riposare e si addormentò. Sognò e si vide sposato, a portare la sua sposa a casa, e a letto insieme a lei. La moglie gli chiese di spostarsi un po' più in là e così fece – e cadde nel pozzo.

La gente del paese lo tirarono fuori e gli chiesero cosa fosse successo. Come aveva fatto a cadere nel pozzo in pieno giorno? Raccontò il suo sogno e tutti quanti ne furono divertiti, e torno’ all’eremitaggio, con la risoluzione di non lasciare che la mente si creasse il proprio regno!

La gente cade nel pozzo per nulla!

Il mercante che si addormentò

C’era un mercante di stoffe che si agitava sempre e aveva l’abitudine di lasciare correre la mente, immaginando chissà che cosa. Una persona che gli voleva bene lo portò ad un incontro. Lì, si mise seduto nell’ultima fila e visto che si annoiava cominciò a giocherellare con la coda della camicia della persona seduta davanti a lui. Poi si addormentò e sogno che stava vendendo la sua stoffa. Dopo una discussione con un cliente nel sogno, gli fu chiesto di strappare un pezzo di stoffa lungo qualche metro. Sentendo questo le sue dita si misero all’opera e strapparono la camicia del signore seduto davanti a lui, al chè si svegliò e aprì gli occhi per vedere cosa aveva fatto. L’altro signore era furibondo. Il mercante promise di dargli sei metri di stoffa nuova e lo supplicò di non creare problemi. Si rese finalmente conto della futilità dei pensieri inutili.

Fare tutto per Dio

Un mahatma fu avvicinato da un uomo che gli chiese cosa dovesse fare – non se la sentiva di sottoporsi a molta disciplina - quale era la via più semplice? Il mahatma gli disse che poteva trovare l’Assoluto se continuava a correre, e quando sarebbe caduto a terra esausto avrebbe trovato l’Assoluto.

L’uomo chiese, ‘Se l’Assoluto lo posso trovare correndo, va bene anche solo stare seduto?’ ‘ Sì,’ rispose il mahatma, ‘forse stando seduto, ma la domanda è, per cosa stai seduto? Se stai seduto per l’Assoluto, Egli ti verrà incontro, se corri per l’Assoluto ti incontrerà in quello. Puoi fare qualsiasi cosa, non ha importanza; la vera questione è se lo stai facendo per l’Assoluto o per qualche altro fine terreno.’ Il mahatma continuò dicendo che l’unione con l’Assoluto c’è già, nessuno lo deve acquisire, ma dato che abbiamo tutti dimenticato la nostra unità, ci viene chiesto semplicemente di rinunciare alla nostra ignoranza, rinunciare alla nostra dimenticanza con qualsiasi mezzo.

Tutti i yoga differenti (ce ne sono centinaia) portano in un’unica direzione, ma l’individuo che vuole percorrere una qualsiasi di questi vie deve decidere una volta per tutte che qualsiasi cosa faccia lo fa per l’Assoluto, e troverà questa unione.

Se provi a fare qualsiasi cosa, per quanto meravigliosamente lo fai, se è solo per soddisfare i tuoi impegni terreni, troverai che l’unione già esistente non sarà sperimentata, perciò la decisione da prendere è che stai facendo tutto – persino zappare la terra o quant’altro decidi di fare – per l’Assoluto.

Nel Bhagavad-Gita si dice che ‘le persone si dovrebbero avvicinare a questo tramite la propria vocazione; qualsiasi cosa siano destinati a fare o che stiano già facendo è sufficiente,’ e questa è la via, questo è lo yoga per l’unione con l’Assoluto. L’unica cosa è che ogni cosa deve essere fatta per l’Assoluto, e niente dovrebbe essere fatto per acquisire alcunchè tranne l’unione con l’Assoluto. Bisogna semplicemente arrendersi, e la sensazione di resa è già di per se il passaggio verso la liberazione; un devoto e’ sempre libero perché non si preoccupa di nulla tranne l’Assoluto. Un devoto non deve per forza eseguire delle discipline; semplicemente vive una vita liberata.

Supponiamo che un padre di famiglia abbia quattro figli; il più grande ha finito gli studi, fatto il tirocinio, trovato un impiego, e porta un po’ di soldi per aiutare il mantenimento della famiglia. Il figlio dopo di lui ha passato gli esami, ma non si è ancora iscritto a servizio o impiego, e il terzo figlio studia ancora. Il quarto figlio non ha neanche l’età per andare a scuola, gioca e si diverte. Se volessimo sapere quale dei figli fosse il più amato dal padre, sembrerebbe molto difficile decidere, ma ciò nonostante se dovessimo scegliere si direbbe che il figlio più piccolo riceva la maggior parte dell’amore del padre. Perché è inerme, non contribuisce nulla, non riesce neanche a recitare qualcosa imparato a scuola – e ciò non di meno è il più amato. La madre lo ama, e quando il padre torna a casa e mangia, prende in braccio il bimbo e il padre gli da la cena. A volte il bambino prende qualche boccone di cibo e lo mette in bocca al padre in risposta a quello che egli fa per lui. Questa piccola offerta da parte del bimbetto riempie il padre di gioia.

Allo stesso modo l’Assoluto è il padre di tutto questo universo, e se uno è incapace di fare qualsiasi cosa, se è istruito, se sta guadagnando o no, se sta per ripagare il debito, non importa: Egli ama tutti.

Draupadi (la figlia di re Drupada nel grande racconto epico Mahabharata) ed altri devoti sono simili a bambini – questa è la qualità che mostrano. Le azioni che eseguono sono quelle che solitamente si associano al servo che è dedicato a servire i bisogni del padrone giorno e notte. Una volta Draupadi diede ad un uomo santo un piccolo pezzo di stoffa. Poi accadde l’episodio dove venne trascinata in cortile per essere denudata da Kauravas. Quel piccolo pezzo di stoffa le venne in soccorso. Il suo sari divenne sempre più lungo e quelli che volevano svestirla si stancarono e rinunciarono. Così il suo onore fu salvato da un piccolo pezzo di stoffa.

L’Assoluto è molto simile ad un oceano d’amore che è a disposizione di tutti, ma dato la loro ignoranza le persone non si rendono conto della disponibilità di questo oceano d’amore e continuano a bramare il mondo e le cose terrene. Se soltanto le persone si accorgessero dell’oceano di beatitudine e amore, e se potessero ottenerne solo una goccia le loro vite sarebbero realizzate.

La gente arriva al fiume Gange da tutte le parte dell’India. Scorre sempre, ma in certi momenti arrivano da molto lontano: si tuffano nel Gange e raccolgono l’acqua in piccoli recipienti, e tengono l’acqua del Gange con loro per un anno, fin quando non ritornano. Quando devono eseguire qualche sacrificio, usano un poco dell’acqua del Gange e si sentono uniti e pensano che tutto per loro è purificato, e ne traggono grande piacere. Perciò bisogna rendersi conto che l’Assoluto è ovunque. Il suo amore è a disposizione di tutti, e se soltanto riuscissimo a restare sempre totalmente attaccati a Lui, arresi a Lui, tutto sarebbe possibile.

La signora anziana che rubò l’orologio

Mi sembra che mi servano amore e fede per trasformare sia le mezz’ore di meditazione sia la mia vita quotidiana, L’anno scorsa lei ha citato la preghiera del grande poeta Tulasidas: ‘Prego che attraverso la sua grazia la mia natura sia pura e in completa armonia. Solo allora sarò in grado di venerarti!’ Questa è anche la mia preghiera.

Molte persone che sanno qualcosa della verità e della bontà ne sono attratte e cercano di migliorare. Cominciano a frequentare l’ashram. Alcuni sono più sinceri di altri, ma governati dalla loro natura e abitudini continuano a fare sempre gli stessi errori. Alcuni si avvicinano alla disciplina, eseguono rituali e meditano, ma quando arriva davvero il momento di sostenere la fede o la disciplina, cedono alla loro natura e cadono. Si pentono, pregano per il perdono, piangono persino, si sottopongono a penitenze, e rifanno gli stessi errori. Tale è la loro natura.

A Dehradun, in un ashram, una donna ottantenne soleva andare al satsang (riunione spirituale). Si immergeva nelle adorazioni e nei canti, faceva tutte le altre incombenze dell’ashram, sembrava una brava devota e come tale era trattata. Ma fin da bambina aveva il vizio di rubare. Un giorno rubò una sveglia e poi fece finta di cercarla, finse orrore per chiunque l’avesse rubata, e fece tante storie che nessuno sospettò che fosse lei la ladra. Comunque, la riunione ebbe inizio e dopo poco suonò la sveglia. La signora era in prima fila e la sveglia fu recuperata dalla sua borsetta!

Persone così sono tante e ovunque. Per quanto si sottopongano a pratiche e disciplina, tornano sempre allo stesso punto. Il cambiamento è possibile soltanto se lo si desidera veramente; deve nascere un desiderio fondamentale per la verità che permeerà la natura di una persona e la trasformerà. Un desiderio reale è qualcosa per la quale non ci si ferma fino a quando non è compiuto.

La natura, essendo la base dell’individuo, è la più sottile di tutte le cause di motivazione. Gli aspetti rozzi e sottili della nostra vita possono essere cancellati da ‘discipline’ di tipo fisico o intellettuale, ma rimuovere la natura più sottile nascosta profondamente dentro al nostro essere è, ovviamente, molto difficile. Questo è quel desiderio molto profondo che viene a galla ogni tanto quando forse siamo abbastanza vigili. Questo soltanto è il motivo per il quale tanti devoti non sperimentano la vera felicità del loro lavoro devozionale. Qui la ragione non è sufficiente, ma un forte desiderio può vincere.

Un paziente può essere curato da un buon medico e ottime medicine possono essere prescritte insieme ad una dieta regolamentata e quant’altro, ma se il paziente cede per un cibo al quale non sa resistere, tutto questo lavoro sarà inutile. Qui, soltanto il paziente si può aiutare, con il forte desiderio di prendere regolarmente le medicine che lo aiuteranno. Se non vince se stesso, nessun aiuto esterno gli gioverà, come nella storia della miliardaria che mangiava sempre caramelle e non guarì mai.

Essendo arrivati alla conclusione che c’è un forte desiderio per qualcosa che ci tiene lontani dalla purificazione della nostra natura, se l’individuo non è capace di farlo da solo anche se lo vuole e ci lavora, ma non riesce, allora c’è qualcosa che lo può aiutare?

Ogni possibile aiuto può essere dato fino al limite dell’intelletto e del discernimento, ma questo problema va oltre ed è vicino al Se’. Tutti gli impulsi ed emanazioni del Se’ arrivano da quel punto e ne sono affetti. L’aiuto esterno si ferma oltre l’intelletto; lì, l’individuo è solo; deve essere lui a lasciare cadere il desiderio. Lì nessun’altro agente lo può fare, neanche la Grazia. Lì c’è soltanto il proprio Se’.

La scimmia sull’albero

La maggior parte delle persone incontra due tipi di ostacoli. Uno consiste nelle proprie mancanze, nel loro essere, e l’altro è la volubilità della mente. Queste sono le due cose principali che devono essere rimosse prima di poter fare progressi.

Una persona volle realizzare il proprio Se’ e andò da un maestro, il quale gli chiese cosa aveva visto lungo la strada. L’uomo descrisse una scimmia che aveva visto seduta sotto un albero. Quando si era avvicinato la scimmia era salita sull’albero e aveva cominciato a fare dei gesti offensivi. Il maestro gli chiese di togliersi dalla mente la scimmia, di contemplare qualsiasi cosa tranne la scimmia. L’uomo trovò che non ci riusciva affatto.

Una volta raccontavo questa storia di Shankaracharya come se fosse una barzelletta, ma ultimamente ho visto che questa scimmia consiste per la maggior parte in quello di qui la mia personalità va più orgoglioso. Non mi sento più al sicuro con questa scimmia, e vorrei chieder al Shankaracharya se potesse essere così gentile di spararle, o almeno di rimandarla nella giungla dove dovrebbe stare!

La storia della scimmia ci da una sensazione familiare. Chiunque aspiri ad elevarsi o percorrere la via della realizzazione del Se’, vuole prima l’autorealizzazione e solo dopo vorrebbe fare il lavoro su di se! Questo modo di pensare è sbagliato, non esiste l’autorealizzazione ora e il lavoro in seguito!

Quando l’aspirante devoto espresse la sua incapacità di togliersi la scimmia dalla mente. Il sant’uomo fece notare che questa è la natura della nostra esistenza, che qualsiasi cosa entri nella mente lì rimane. In un certo senso la mente diventa qualunque cosa essa osserva, o si potrebbe dire che la mente diventa la scimmia e mantiene vecchie abitudini. Ecco come le nostre esperienze riducono il nostro essere. Si diventa ciò che lasciamo entrare dentro di noi.

Il modo per eliminare questo è attraverso la via della conoscenza con la quale si vedono le cose come veramente sono; con la meditazione si riducono gli effetti di tutte le abitudini, così da permettere alla mente di lavorare sotto il controllo del Se’. Ci sono tante di queste scimmie che hanno preso casa dentro ogni individuo durante l’arco di innumerevoli vite, e ogni tanto alzano la testa e disturbano la nostra pacifica esistenza. Finchè uno le lascia giocare, giocheranno. Per arginare ciò ci vuole disciplina.

L’asino sulla strada

Ad un certo stadio nello sviluppo della meditazione sembra esserci una barriera che impedisce l’unione finale. E’ un illusione? Se lo è, può essere distrutta? Se no, come si fa a superare il blocco?

L’ultima barriera al Se’ è l’ego, il sentimento di ‘io’: ‘io sto meditando,’ o ‘io sto per trascendere la barriera contro l’unità.’ Fin quando si sta attaccati a questo, l’unione è impossibile. Bisogna impararlo e essere sicuri dentro se stessi che quando si arriva a questo stadio, si lascerà cadere anche solo l’idea di ‘io’. L’unione sarà possibile soltanto quando si rinuncia al sentimento di ‘io’.

Un signore andò da un sant’uomo per essere iniziato alla meditazione. Gli fu chiesto cosa avesse visto lungo la strada. Disse che tra tutte le cose che aveva visto si ricordava molto bene di un asino. Gli fu chiesto di rimuovere l’asino dalla sua mente. Il povero uomo ci provò con impegno, ma fallì, e espresse la sua inabilità di riuscirci. Il sant’uomo spiegò che l’arte stava nel lasciare cadere il ricordo. Questa memoria o il sentimento dell ‘io’ è il più grande e ultima barriera alla meditazione. L’uomo che medita o l’uomo che osserva deve essere lasciato andare per permettere che accada l’unione.

Il Dhobi e gli asini

Non bisogna mai lasciare che la mente sia senza freni. E’ un legame molto forte nel nostro essere, perciò deve essere sempre sotto il controllo della nostra intelligenza e potere di discernimento. E’ facile allenare il corpo e può essere lasciato libero dopo un periodo di disciplina. Si possono, naturalmente, fare delle prove per scoprire il livello della propria mente e discernimento, e per scoprirlo bisogna lasciargli un po’ di libertà. Se tendono in modo naturale verso attività utili al Se’, allora meritano libertà, ma non prima.

Agli studenti viene data la libertà di scrivere ciò che vogliono durante gli esami e così viene determinato il loro livello. Uno delle prove più facili concerne i propri sogni. Nei sogni le persone sono per lo più nello stato naturale della mente e il tipo di sogno può rivelare il funzionamento della mente.

Bisogna sempre essere in allerta e non lasciare che tutto accada per caso. La via dello sviluppo richiede attenzione e disciplina. Se si perde l’opportunità della disciplina e la buona compagnia, si può soffrire indefinitamente. La forma umana è la piattaforma dove la disciplina è ottenibile; perdete la vostra occasione e ripeterete sempre gli stessi errori. La mente crede che il mondo sia vero e le piace conviverci in ignoranza. Questa è illusione e per curare l’illusione viene prescritta la disciplina. Ora anche questa disciplina non deve essere capita come realtà. La verità è che si è veramente il Se’ e l’Assoluto, ma questo segreto non viene capito a causa dell’ignoranza. Una volta che realizziate il vostro Se’ reale, la disciplina non è più necessaria. Se hai una spina nel piede, la rimuovi con l’aiuto di un’altra spina e poi butti entrambi le spine dopo averle usate! Così in qualche modo anche la disciplina è un’illusione, ma soltanto questa illusione può eliminare l’illusione fondamentale dell’ignoranza.

C’era un dhobi (un lavandaio), che si serviva di tanti asinelli per portare i carichi. Un giorno si ammalò e chiese a suo figlio di caricare gli asini e portarli con i panni da lavare. Il ragazzo caricò gli asini e cercò di portarli al fiume ma non si muovevano di un centimetro. Vedendo che non erano legati, ne rimase stupito e andò a chiedere ragione a suo padre che disse, ‘Oh, avrei dovuto dirtelo, la sera tocco le loro zampe come se stessi cercando di legarli con una corda, e la mattina le tocco come se le stessi slegando.’ Il ragazzo fece altrettanto, e poi ogni asino si mosse. Il fatto è che tutti gli asini credevano di non essere liberi e perciò di non potere camminare. Questa è la condizione di tutti gli esseri umani. L’ignoranza è illusoria e per rimuoverla bisogna sottoporsi ad un’altra illusione in modo di rendersi conto del proprio vero stato; questo è essenziale e non possiamo evitarlo.

L’Assoluto manifesta la creazione quando guarda verso l’esterno. Guardando verso l’interno non c’è creazione. Perciò la creazione si manifesta e in questo modo anche il corpo, la mente, e l’intelletto si manifestano. La disciplina fa che ti rivolgi verso ‘dentro’.

Nel Se’ è tutto beatitudine, coscienza, e verità.

Tulisadas e l’amore di sua moglie

La disciplina può essere un’attività spirituale. E’ molto simile ad una medicina che dona felicità. Nella vita di tutti i giorni nei momenti di forte tensione agisce come un tonico per rinforzarci con felicità, pace, e contentezza.

Quando si sperimenta ripetutamente come risultato la felicità, allora si diventa certi che ci deve essere una sorgente o oceano dalla quale si sta attingendo i momenti di felicità. Con quella poca disciplina quando ottieni momenti di vera beatitudine e pace ti avvicinerai alla sorgente attraverso la disciplina e potrai anche unirti con quella beatitudine; allora nessun profitto o perdita nel mondo materiale lascerà un segno. Le storie sono raccontate per incoraggiare e mostrare la strada verso la sorgente della beatitudine.

Tulasidas (che tradusse il Ramayana dal Sanscrito al Hindi) era molto innamorato di sua moglie. Ne era così attaccato che non riusciva a stare neanche un giorno senza di lei. Un giorno lei andò a casa di sua madre mentre Tulasidas era assente. Quando Tulasidas non la trovò a casa andò a cercarla alla casa dei suoceri. Arrivò lì a mezzanotte e bussò alla porta. Sua moglie uscì e lo prese in giro dicendo che se lui amasse Dio, che era tutto beatitudine, coscienza, e verità, tanto quanto amasse lei, egli avrebbe certamente avuto la completa liberazione! Questo rimprovero lo toccò profondamente nel cuore e immediatamente ritornò a casa. Dopo divenne un santo per il suo amore verso Dio.

Arjuna e l’occhio dell’uccello

Per potere imparare a fare bisogna prima imparare ad ascoltare con esattezza. Le persone normali non hanno la capacità di ascoltare le istruzioni accuratamente. Per illustrare il punto, ecco una storia dal Mahabharata:

Prima che venne dichiarata la grande guerra tutti i guerrieri stavano essendo istruiti da Dromacharya, l’istruttore. Gli stava insegnando l’arte del combattimento. Un giorno diede a loro istruzione di sparare all’occhio di un uccello morto che egli aveva appeso ad un albero. Ad uno ad uno li chiamò e disse, ‘mirate all’occhio dell’uccello e preparatevi a sparare’; poi chiese a loro cosa vedevano. Uno disse, ‘Vedo il ramo e la faccia dell’uccello appeso, piume, bocca, occhi, tutto.’ Fu congedato. Il prossimo disse, ‘vedo l’uccello, bocca, piume, occhi,’ e così fu congedato.

E così con tutti, fino a quando Arjuna stava lì, e prese la mira, e gli fu chiesto, ‘Cosa vedi?’

Rispose, ‘vedo soltanto l’occhio!’

‘Ma non vedi altro?’

‘Nient’altro.’

‘Allora avanti, spara’ – e la sua freccia colpì dritto nell’occhio dell’uccello. Nell’ascoltare, e nella meditazione, è necessario attenzione perfetta.