Capitolo 7

Esempio

Il bambino goloso di caramelle

Il Shankaracharya ci disse che dovremmo tenere il nostro tesoro nel cuore dove potrà essere utilizzato quando necessario. Vorrei chiedere un approfondimento su cosa possiamo fare per assicurarci che la comprensione di un’idea importante sia sempre presente nell’arco della giornata colorando tutti i nostri pensieri e azioni.

Bisogna decidere quali siano i pensieri buoni e quali siano i pensieri cattivi. E’ una decisione che bisogna prendere. Una volta presa la decisione bisogna attenersi ai pensieri buoni e ricordarselo il più spesso possibile.

Dopo un po’ di tempo avranno messo radici nel cuore e tutte le attività ne saranno colorate. Qualunque cosa non sia buona, giudicata dalle proprie decisioni, non dovrebbe essere presa in considerazione. Se emergono non bisogna darne addito – lasciatele cadere. In questi momenti si possono incoraggiare i pensieri buoni, supportandoli e sostenendoli. Solo in questo modo è possibile vivere secondo le buone idee.

C’era un certo sant’uomo che stava facendo visita a una signora anziana e a un bambino piccolo molto goloso di caramelle. La signora voleva il sostegno del sant’uomo per rimuovere questa cattiva abitudine.

Quando il sant’uomo sentì la richiesta chiese alla signora di ritornare dopo quindici giorni. Passate due settimane la signora tornò, e questo sant’uomo disse semplicemente al bambino che mangiare caramelle non era una buona abitudine, avrebbe causato qualche malattia più in là: ‘ Perciò, mio caro ragazzo, devi rinunciarci’. La signora anziana disse, ‘se hai solo quello da dire, non c’era bisogno di farmi tornare dopo due settimane.’ Il sant’uomo disse che non avrebbe potuto farlo l’altra volta perché anche lui aveva l’abitudine di mangiare caramelle e allora non aveva l’autorità di chiedere a qualcuno altro di rinunciarci. Perciò ha dovuto rinunciare a mangiare caramelle per due settimane intere e controllare il proprio desiderio, perché se non l’avesse potuto controllare non avrebbe avuto autorità, e anche se avesse detto le medesime parole al bambino non avrebbero avuto effetto. Infatti solo quelle poche parole funzionarono. Perciò in fondo dipende dall’individuo.

Se attraverso l’uso di questa conoscenza, buona compagnia, e l’uso del proprio intelletto, uno ha trovato definitivamente la verità da qualche parte, tutto quello che bisogna fare è metterlo in pratica. Non bisogna mai cedere a niente che si oppone a quella cosa giusta altrimenti non ci sarebbe l’autorità per insegnare. Perciò se hai deciso che qualcosa è sbagliato, non bisogna pensarci, e tutto quello che hai deciso essere buono deve essere sempre tenuto a mente e messo in pratica. Così facendo si vedrebbe che l’effetto sulla comunità, o nelle persone attorno a te, sarebbe positivo e il bene trionferebbe.

 

La signora anziana e il predicatore musulmano

Nel quinto capitolo (vv. 7-10) del Bhagavad-Gita si legge che tutte le esperienze sensoriali di udito, vista, tatto, odorato, gusto, sonno ecc., sono il lavoro della natura mentre il Se’ è libero. Le persone usano la libertà del Se’ per giustificare la loro mancanza di controllo sulle loro abitudini. Di fatto sono schiavi che credono di essere liberi. Dovranno fare i conti con queste abitudini nelle loro prossime vite se non ci pensano in questa.

C’era un musulmano che usava predicare molto ma non aveva successo. Un giorno stava per prendersi la solita bevanda del mattino in un caffè quando sopraggiunse una signora anziana a pulire il tavolo. Prima lo spolverò poi lo ripasso con uno straccio bagnato. Lasciò delle macchie di sporco. Il predicatore le chiese di pulirlo nuovamente, e ogni volta che lei cercò di pulire, lasciò le macchie di sporco. Allora il predicatore le chiese di lavare prima lo straccio e di venire poi a pulire il tavolo. La signora replicò. ‘Faccio esattamente quello che fai tu. Sei un uomo sporco e malvagio, ma continui a predicare agli altri. Non capisci che, come me, non ci riuscirai mai?’ Il predicatore fu sorpreso a sentire questa verità; umilmente le fece i suoi rispetti per la preziosa lezione e cominciò a pulire per primo il suo proprio essere. Dopo ebbe successo e diventò un famoso santo del mondo Islamico.

 

Gandhi e le spezie

C’è un racconto interessante sulla vita del Mahatma Gandhi. Aveva un suo ashram a Sabarmati dove viveva con circa venticinque dei suoi seguaci. La disciplina era dura e rigorosa. Il cibo era limitato a tre semplici cose senza spezie o peperoncini. Una volta alcuni ospiti dal Marwar (una zono del Rajasthan) vennero a stare da lui. A loro non piacque il cibo semplice e il primo giorno mangiarono poco. Poi si comprarono spezie e peperoncino dal mercato locale e li usarono con il cibo semplice. Il cuoco obbiettò, ma il giorno seguente li usarono di nuovo. Il cuoco cercò di far capire che le regole e la disciplina del ashram non permettevano tali libertà, e che sarebbe meglio se rinunciassero a queste abitudini, ma non riuscirono a resistere. Allora il fatto fu portato alla conoscenza del Mahatma Gandhi. Anche lui disse a loro di desistere ma senza successo. Quando ancora una volta usarono le spezie Gandhi li convocò ad un incontro e davanti a tutti si diede dei colpi in testa. Le persone erano sorprese da questo suo comportamento e gli chiesero il perchè. ‘Ci deve essere qualche desiderio simile nascosto nella mia stessa natura se i miei ospiti non riescono a seguirmi, perciò lo devo fare uscire dal mio sistema. Solo allora le mie parole avranno qualche effetto su questi gentiluomini.’ Dopo di ciò nessuno mangiò più peperoncini o spezie nel suo ashram.

 

Gli uccelli le cui uova furono portati via dalle onde

Nel gioco di caccia al tesoro, con il bambino con gli occhi bendati, diciamo ‘caldo’ o ‘freddo’ per guidarlo verso il tesoro. Nella mia ricerca per il Se’ vorrei ci fosse qualcuno a dire ‘caldo’ o ‘freddo’ per guidare i miei passi.

Dentro ogni persona, il Se’ Universale vive accanto al Se’ individuale per fare da guida. Perciò, quando siamo in difficoltà ogni tanto sentiamo una voce che ci guida. Per potere sentire quella voce interiore, dovremmo pregare in solitudine e con mente ferma all’onnisciente Se Universale. Poi una risposta, per portarci faccia a faccia con il successo, sicuramente ci sarà. Perciò, quello che dobbiamo fare è prendere consiglio interiore da quella immensa sorgente di potere, il Se’ Universale, con la più piena concentrazione di mente e di umiltà. Se facessimo così, allora la questione di cercare il tesoro con occhi bendati non sorgerebbe.

In confronto all’immensità dell’universo in cui abitiamo, questo corpo umano è come una particella di polvere. In confronto alla coscienza senza limiti dell’Assoluto, la nostra mente è come una goccia nell’oceano. Il problema è come affrontare quella immensa coscienza con mezzi così limitati – sembra apparentemente un’impresa senza speranza! Ma la speranza viene dal detto ‘Dio aiuta chi si aiuta da solo’ che, per fortuna, è vero.

La vera causa dell’insuccesso non è l’inadeguatezza dei mezzi ma un’inadeguatezza di comprensione e determinazione. Purchè comprendiamo ciò che serve, e purchè la nostra volontà di lasciare cadere il fardello che portiamo sia abbastanza forte, con poco possiamo ottenere grandi risultati, perché vedendo l’invincibilità della nostra determinazione, il cuore dell’Assoluto si scioglie e Egli Stesso ci viene in soccorso.

Hai detto, ‘Ma i miei sforzi sembrano inutili. Come zappare un campo enorme – a volte sembra che la zappa non basti – ci vuole il trattore!’ Dopo tutto, il campo di cui parli non è in nessun modo troppo grande per la mente, Tutti i campi sono più piccoli dell’anima, tutti stanno entro la mente, ma noi ci sentiamo piccoli nel campo della vita. Se, invece, ci ricordiamo che siamo grandi, siamo infiniti, e che tutti i possibili campi arrivano da dentro la nostra stessa anima e mente, allora la nostra mente da immediatamente una decisione appropriata su ogni problema. Ma questo è possibile soltanto se non cerchiamo di costringere o imprigionare la nostra mente dentro questo piccolo corpo.

Il Se’ contiene l’anima, l’anima contiene la mente, e la mente contiene il corpo. Ma di solito le persone pensano il contrario, cioè, che è il corpo che contiene tutto quanto. Qui sta l’errore. Nel momento in cui prendiamo una visione larga della nostra anima e del corpo, ci entra tutto l’universo.

Il gestore di una tenuta va avanti bene soltanto se ascolta il proprietario. In modo simile, nella vita fisica, è di beneficio riconoscere la voce del Se’ universale che risiede nell’anima. Le persone dotate di intelligenza superiore riconoscono la voce del Se’ Universale. Le persone ordinarie possono ottenere questa guida attraverso la preghiera e la solitudine, e questa guida può risolvere il più arduo dei problemi. La piccola zappa della quale hai parlato è figlia del trattore dopo tutto. Se chiedesse l’aiuto del trattore, quell’aiuto non le verrebbe negato data la relazione che esiste tra i due. E la piccola zappa farebbe in modo soddisfacente il lavoro del trattore.

Un racconto illustra come grandi poteri vengono in aiuto dei deboli in conseguenza di grande determinazione:

Una coppia di uccelli abitava in riva al mare, e depositarono le uova su un’alta roccia. Un giorno arrivarono delle onde enormi e portarono via le uova. Gli uccelli erano molto dispiaciuti di quest’azione di crudeltà gratuita da parte del mare, e decisero di riempirlo. Presero un po’ di acqua del mare nel becco e lo buttarono sulla terra, e presero un po’ di sabbia dalla terraferma e lo buttarono nel mare. Fecero così dalla mattina alla sera giorno dopo giorno.

Un giorno un grande santo di nome Agastya apparve e chiese agli uccelli come speravano di riempire il mare con questi sforzi. Gli uccelli risposero che, visto che senza provocazione il mare aveva portato via i loro figli, avrebbero continuato a cercare di riempire il mare per il resto della loro vita. Persino dopo la morte avrebbero voluto rinascere sempre in modo di continuare il lavoro fin quando non fosse finito. Il santo fu sorpreso e colpito dalla ferma determinazione da parte dei due piccoli uccellini. Avendo lui poteri soprannaturali ordinò al mare di restituire subito le uova e le onde posero le uova sulla roccia.

Questa è solo una favola. Vediamo adesso cosa rappresenta. Il santo era l’Assoluto. Gli uccelli erano gli uomini. Il mare era il mondo. E le aspirazioni vere e giuste degli uomini erano le uova. Quando l’uomo (gli uccelli della storia) si da un proposito irremovibile e vero, allora l’Assoluto (il santo) gli dà piena assistenza, e i problemi (le onde del mare) si chinano in sottomissione.

 

Il maestro e il recluso

Può un uomo realizzato trasmettere la Realizzazione del Se’ solo attraverso le parole o anche per altri mezzi?

Ci sono due tipi di uomini realizzati, il maestro e il recluso. Il primo è il maestro che mette in pratica ciò che predica. Va dalle persone per impartire la sua conoscenza e aprire la via per lo sviluppo degli esseri umani. Parla con loro, ne ha cura, e continua a guidarli verso l’auto-realizzazione.

L’altro tipo è il recluso. Anche se la sua influenza ha effetto nel mondo per il fatto che lui esiste, non ha piacere di mischiarsi con le masse. Parlerebbe in un modo che confonderebbe gli uomini ordinari.

Nella tradizione dell’insegnamento il maestro pratica per se stesso e usa i suoi poteri anche per aiutare lo sviluppo degli altri. La sua presenza nel mondo non è tanto per il suo proprio accrescimento ma per permettere ad altri di avere ciò che lui ha. Il recluso non lavora in questo modo. Cerca la solitudine per godere del Se’ e non invita alcuna intrusione. Quando ogni tanto appare in mezzo alle masse, intenzionalmente si presenta in modo ordinario per non attirare l’attenzione, se qualcuno lo riconosce può darsi che dia aiuto a loro se sono sinceri o potrebbe ignorarli. L’influenza del recluso crea un buon ambiente.

Nei tempi passati in India, un brahmin viveva con i suoi quattro figli. Uno di loro era Jadabharat. Non voleva imparare nulla o fare alcun lavoro. Suo padre ci provo’ tanto ma non accadde nulla. Meditava soltanto.

La sua famiglia non capiva che lui, di fatto, era un sant’uomo. Quando suo padre morì, i suoi fratelli, che avevano studiato e si erano sposati, cercarono di fargli fare il guardiano della casa. Le casalinghe ne ebbero un po’ di cura e gli davano gli avanzi di cibo. Non si lamentava e felicemente mangiava qualsiasi cosa gli offrivano. I fratelli si stufarono e lo mandarono via dalla casa. Per un po’ i vicini ne ebbero cura, ma non migliorò. Gli fu dato il compito di proteggere i raccolti dagli animali e uccelli, ma lui li mandava via solo quando avevano mangiato a sufficienza. Era un buono a nulla e lo cacciarono dal villaggio e fu catturato da un gruppo di persone che facevano sacrifici umani. Fu lavato e vestito per la cerimonia di sacrificio, ma prima che potessero ucciderlo apparve una Dea, salvò la sua vita, e distrusse gli assassini. Da lì vagò ancora e fu preso come portatore di carrozza di un re di nome Raghugana, che stava andando ad incontrare un saggio di nome Kapila. Jadabharat si muoveva in modo incerto mettendo i piedi qua e là, il che faceva muovere su e giù la carrozza. Il re era così scomodo che scese e lo prese in giro dicendo che forse era molto difficile per lui portare il peso visto che era magro e debole, vedendo benissimo che era forte e in salute. Jadabharat non voleva essere messo a morte. Se il re lo avesse picchiato forse questo avrebbe causato la sua morte. Perciò per salvarsi disse, ‘Sono fatto di polvere, il carro è fatto di polvere, e anche colui che siede nella carrozza è fatto di polvere. La polvere non sente nulla e il vero Se’ non è legato dalla polvere, perciò perché il re dovrebbe sentirsi scomodo?’ Questo aprì gli occhi al re che gli porse i suoi rispetti. E Jadabharat se ne andò senza una parola. Era il tipo recluso di uomo realizzato.