Una storia può cambiare la nostra vita? Forse. Può cambiare la nostra risposta ai bisogni e alle sfide del momento presente? Certamente. Allora l’uso ripetuto di storie e il ricordo delle reazioni che suscitano può trasformare e cambiare le nostre vite cambiando le nostre risposte? Uno dei messaggi più importanti di questo libro è che questo succede realmente, specialmente quando le storie vengono raccontate con uno scopo specifico: aiutare le persone a scoprire il loro vero essere.
Le storie e i miti raccolti in questo libro vengono da una serie di udienze concesse da uno dei grandi leader spirituali del secolo scorso, His Holiness Shantananda Saraswati, il Shankaracharya di Jyotir Matt nel Nord dell’India. Era il capo spirituale di una antica tradizione di conoscenza e meditazione. Uno dei modi in cui H.H. Shantananda Saraswati ha trasmesso questa conoscenza è usando storie e miti dal passato oltre a episodi tratti dalla sua esperienza personale e dalla vita contemporanea. Anche quando alcune di queste storie e miti possano risultare familiari da altre fonti come il Mahabjarata e il Ramayana, il modo in cui sono raccontate con le sue parole e la sua interpretazione danno nuova luce alla narrazione e le illumina di nuovi significati. Usa storie per rispondere alle domande in modo che possano essere applicate nella vita di tutti i giorni. La profondità della sua comprensione spirituale e i suoi sentimenti per l’umanità vengono rivelati in queste storie nel modo più intimo e accessibile. Leggendole e rileggendole rivedremo i loro temi e le immagini e il senso dell’umorismo nella nostra memoria per aiutarci nei momenti di difficoltà e vivacizzare i momenti di monotonia.
La meditazione cui ci si riferisce nei commenti delle storie consiste nel ripetere una parola sacra o mantra. La conoscenza associata alla meditazione è l’Advaita, o filosofia della non-dualità, che in essenza risale al periodo Vedico (1500AC) che fu riportata nella sua completezza dal grande maestro e filosofo Adi Shankara, che visse più di mille anni fa.
Per oltre 30 anni H.H. Shantananda Saraswati ha dato istruzioni sulla meditazione e sulla filosofia Advaita a membri della Study of Normal Psicology di Londra. Il suo fondatore, Dr. Francis Roles e altri associati, si recarono molte volte in India per porre domande a H.H. e il materiale per questo libro è stato ricavato dalle registrazioni di queste conversazioni.
In molte tradizioni religiose l’uso di miti, parabole o favole gioca un ruolo importante nell’insegnamento e per aiutare a ricordarne i precetti. H.H. ha portato un contributo significativo per spiegarne le ragioni. La rinascita dell’interesse nel mito in Occidente ha dato origine a molte domande per lui. Gli venne chiesto, per prima cosa, se i miti universali fossero contenuti nella memoria universale e che relazione avessero questi miti nella immaginazione creativa dell’animo umano. Il suo pensiero è sorprendente sia per la sua semplicità che per la sua originalità. Egli dice che lo scopo dei miti è quello di spiegare l’inspiegabile e che sono tutti centrati sulla unità di Dio. Attraggono perchè portano delizia e istruzione e sono come venti che spazzano via le nuvole dell’ignoranza.
Il passaggio merita di essere letto integralmente per le sue sue affermazioni impegnative e stimolanti:
I miti sono comuni a tutte le civiltà. All’inizio di differenti culture e civilizzazioni lo spirito umano, desiderando passare la sua conoscenza alle future generazioni, ha usato storie allegoriche per trasmettere le sue esperienze e le sue intuizioni. I miti sono una combinazione di immaginazione creativa e ragione. C’è sempre un elemento di immaginazione creativa perfino quando le storie hanno un fondamento di realtà. I miti non sono invenzioni dell’immaginazione. Per esempio, Dio esiste ma non è percepibile empiricamente. Abbiamo una qualche intuizione dell’esistenza di un potere che non può essere indicato puntando un dito; in ogni cultura emergono sempre persone ispirate che cercano di sviluppare una struttura mitica in modo che quelli che non hanno questa intuizione possano cogliere l’idea e aprirsi all’esperienza del divino. Questa è la ragione e il modo in cui nascono i miti, non per ingannare, ma per spiegare quello che non può essere spiegato.
I miti piacciono perchè il loro tema centrale è sempre la esperienza umana. Fanno parte del tutto e sono quindi connessi e correlati, anche una sola parola può rimandarti a tutta la storia. Le spiegazioni analitiche che non sono basate sulla esperienza umana restano disconnesse, separate, e quindi difficili da ricordare. Per questo la maggior parte delle persone non ne sono attratte. Gli empiristi cercano di spiegare ogni cosa in modo empirico, ma dopo avere constatato i limiti di questo metodo si rivolgono al mito per trovare tracce di una conoscenza piu’ profonda.
Ci sono quattro modi
per attingere alla conoscenza. Il primo è dalla esperienza personale, il
secondo attraverso la ragione, che si trova oltre l’esperienza. Il terzo è
attraverso la Parola, i Veda, o le scritture tradizionali, che danno la
conoscenza che non può essere trovata in alcun altro modo. La quarta è attraverso
i pronunciamenti dei saggi, che talvolta creano storie mitiche per trasmettere allegoricamente
l’essenza delle loro esperienze mistiche - questi sono i miti. Ignorarle come
se fossero senza significato significa deprivarsi di qualcosa di reale ed artistico.
I miti sono messaggi di tipo metafisico. Sono espressioni allegoriche e artistiche. Cercarne riscontro nella storia è una perdita di tempo. Ogni cultura crea i suoi miti. Sono simili perche’ sono tutti umani. Non esiste una base di miti depositata da qualche parte, ma le condizioni che generano miti che si assomigliano sono presenti in posti e tempi diversi. La coscienza è’ creativa e la creatività non copia. Le somiglianze possono essere sia accidentali che volute. I miti aiutano a sgombrare il velo dell’ignoranza. Per esempio, il sole splende sempre e quelli che non sono ciechi possono sempre vederlo. Se arrivano le nuvole il sole rimane nascosto. Ma quando il vento le spazza via il sole si può vedere di nuovo. Nello stesso modo, i miti sono come i venti che spazzano via le nuvole dell’ignoranza così che la verità possa emergere. La Realizzazione è sempre presente. Il Self non ha bisogno di realizzazione ma le nuvole dell’ignoranza devono sparire.
Questi miti e queste domande non sono nuove. Domande e risposte continuano a ripetersi nel tempo. Sembrano nuove ad ogni persona, ma solo a causa delle nuvole nella sua esperienza. I miti hanno un messaggio. Le qualità associate a Dio sono amore, pietà, giustizia, carità, verità, beatitudine, punizione del male e protezione dei deboli. Sta a noi impararle e trasformarle in azioni.
Il centro di tutti i miti è la unità di Dio. Alcuni preferiscono il concetto astratto, altri preferiscono una forma concreta e descrivono Dio nel dramma della creazione - questo è l’approccio realistico. Chiamano Dio con nomi diversi e lo descrivono secondo la loro cultura. Il saggio cerca l’unità, e il poeta descrive la Sua gloria. L’uomo comune è contento di quello che riceve attraverso la tradizione famigliare. Sono pochi quelli che cercano la verità della Sua unità, la libertà cosciente, e il beato distacco. L’Assoluto può essere uno - non possono essere due. Se ci fossero due Assoluti non ci potrebbe essere una sola verità, e il dualismo prevarrebbe sempre. Non ci sarebbe pace, ragione, libertà, e beatitudine. Ogni visione o mito sarebbe incompleto, sfocato e ambiguo. L’incertezza regnerebbe dappertutto.
Quando una idea viene presentata sotto forma di storia, illumina solo un aspetto dell’Assoluto e dobbiamo sempre tenere in mente che le storie possono solo aprirci la porta verso quello che non puo’ essere descritto in parole. Non possono mai includere tutto quello che l’Assoluto è o potrebbe essere e non sono mai complete come è l’Assoluto.
Si dice talvolta che abbiamo bisogno di nuovi miti per vivere oggi. I grandi miti del passato sono la creazione dei saggi. Sono l’espressione allegorica di profonde esperienze spirituali. Ecco un pensiero su cui vale la pena riflettere: la grande arte e la grande letteratura derivano dalla grandezza dell’anima da cui sono originate. La coscienza, disse H.H., è creativa. Quando gli venne domandato se fossero necessarie nuove forme per l’arte e la letteratura, risposse che non c’era nulla di sbagliato nelle arti e nelle loro regole. Il difetto era nella mancanza di reale esperienza negli artisti. La società di oggi, influenzata dalla superficialità di molta dell’arte contemporanea, ha perso il contatto con la verità. Quando un uomo connesso con il suo spirito esprime se stesso nel mondo, l’arte si manifesta naturalmente e entra direttamente nel cuore delle persone. Le regole non sono la cosa più importante, ma l’essere e l’esperienza. Fai uomini ed essi faranno arte.
L’insegnamento della filosofia Advaita, del non dualismo, può essere utile a chiunque voglia condurre una vita in unità e universalità. H.H. Santananda Saraswati dice che questa conoscenza “non è per una sola razza, colore, fede, o nazione, ma dappertutto, in ogni tempo, per tutti coloro che la cercano”.
Nota:
Nel libro alcune parole sono state lasciate nella lingua originale:
Mahatma è una parola indiana derivata dal Sanskrito mahatman, che significa letteralmente “grande anima”. In India viene usato come titolo di amore e rispetto verso leader spirituali. Nel contesto dei racconti significa: grande saggio, guida spirituale.
Atman: Il principio spirituale di tutte le creature, vera essenza.
Param Atman: Il principio primordiale e spirituale vitale dell’Universo.
Nel testo, la parola “Assoluto” viene utilizzata con il seguente significato:
Puro, perfetto e completo. Esistente indipendentemente e non in relazione ad altre cose. Non relativo o comparabile.
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