CAPITOLO 2 . Nascita e morte

I sogni di Re Janaka

Ci sono solo tre modi per accertare la validità dei mondi sottile e causali. In primo luogo le scritture, la conoscenza Vedica, che si dice sia il risultato dell'espressione divina. Se le scritture lo affermano, allora ci crediamo. In secondo luogo, raccogliamo noi stessi la conoscenza e, deduttivamente, percepiamo la differenza fra realta’ fisica, sottile e causale e l’Assoluto che pervade ogni cosa. Terzo, in alcuni casi gli individui lo percepiscono tramite una intuizione. Solo costoro possono trapassare il confine della sfera fisica e vedere il regno del mondo sottile. Questi sono, abitualmente, i tre modi in cui le persone acquisiscono, anche se solo parzialmente, qualche conoscenza sull'argomento.

Da tutto questo è possibile concludere che la realtà fisica è limitata e non intrinsecamente vera ed è impossibile stabilire una relazione diretta con il mondo causale o spirituale eccetto tramite una deduzione cognitiva.

Prendiamo l’esempio del re Janaka.

Una volta in uno dei suoi viaggi, interruppe il suo cammino e si addormentò: nel sonno sognò di entrare in un villaggio. E nel momento in cui attraversava la porta di una casa un cane avvicinatosi alle sue spalle lo morse. Il sangue sgorgava dalla ferita, che gli provocava grande dolore; si raduno’ una piccola folla e venne chiamato un dottore. Il dottore applicò un unguento alla parte ferita, ma siccome era astringente, l’unguento aumento’ il dolore alla gamba. Si mise a urlare dal dolore, e questo lo sveglio’ dal sogno.

Al suo risveglio vide non c’erano ne il villaggio, ne la gente, il cane o la gamba dolorante. Come era accaduto tutto ciò? Da dove era venuto il cane? Chi  aveva chiamato il dottore? Chi aveva riunito le persone o creato il villaggio? L’unica conclusione è che la sfera mentale crei un mondo tutto suo che mette in atto quelle cose.

La ragione di un tale dramma onirico nasce dai desideri che sono nascosti nella mente.

In qualche modo, i desideri insoddisfatti creano un mondo onirico  attraverso il quale si esprimono. Quindi l’intera esperienza del sogno è una prova dell’esistenza della sfera mentale e spirituale.

Lo stesso accade in questa vita e alla nascita e alla morte. Quando il corpo sta per morire tutte le esperienze sono mantenute nella sfera sottile e causale. L’Assoluto, ovviamente, non nasce e non muore.

Se la questione della nascita e della morte è affrontata alla luce dei tre livelli di esistenza possiamo vedere che non c’è difficoltà nel comprenderla, proprio come nella nostra vita quotidiana c’è, talvolta, mancanza di consapevolezza, sonno, sogno, risveglio e stato illuminato (samadhi). A livello fisico, possiamo fare esperienza di tutti questi stati.

Analogamente, ad un livello superiore, nascita e morte sono solo un cambio di livello; la connessione iniziale è sempre mantenuta tramite l’Assoluto ma la maggior parte delle esperienze sono lasciate alle spalle proprio come lasciamo alle spalle le esperienze dei nostri sogni; tuttavia qualcosa sopravvive.

In un’altra occasione Re Janaka sognò di essere stato attaccato e di aver perso il trono, e di vagabondare senza un soldo, perseguitato da tutti. Ad un certo punto entrò in un bosco, affamato. Riuscì a raccogliere abbastanza frutta e verdura per sfamarsi, ma proprio quando stava per mettersi a mangiare, apparvero due tori che buttarono tutto all’aria. A questo punto il re scoppiò  a piangere e si svegliò con gli occhi pieni lacrime. Convocò tutti gli esperti e chiese loro di rispondere ad una domanda: “Quali delle due cose era reale? Il sogno che aveva causato le lacrime o il suo posto sul trono?” Aggiunse che avrebbe lautamente premiato chiunque fosse riuscito a rispondere al quesito ma che avrebbe punito severamente chiunque avesse dato una risposta che si fosse dimostrata falsa. In tanti provarono a rispondere, ma le risposte erano lacunose e coloro che le diedero furono puniti.

C’era uno storpio di nome Ashatavakra (nome che significa piegato in otto pezzi). Quando era ancora nel ventre materno il padre era solito cantilenare versi Vedici, ma quando commise un errore il feto, urlando, lo corresse. Il padre disse: “Non sei ancora nato e già non mi rispetti, e osi correggermi. Che succederà quando nascerai? Quindi lanciò una maledizione sul figlio che nacque storpio in otto parti del corpo. Costui venne a rispondere alla domanda del re arrampicandosi sugli scalini che conducevano al trono. Essendo disabile cadde e tutti i cortigiani scoppiarono a ridere. E rise pure lui, cosa che sorprese i cortigiani che gli chiesero perché ridesse. Egli rispose che loro avevano riso prima di lui e chiese perché ridessero. I cortigiani dissero che molti saggi avevano fallito a rispondere alla domanda del re, e lui, incapace anche solo di salire delle scale, aveva la sfacciataggine di pensare di essere capace di rispondere.

E lui disse: “ Ho riso perché voi credete che tutto ciò sia reale quando l’unica realtà è nell’Assoluto”. Il re capi’, e per quanto fosse lui stesso un uomo illuminato, divenne un discepolo di Ashatavakra.

Re Janaka è famoso per essere diventato un santo pur rimanendo sul trono e continuando ad attendere ai suoi doveri di capofamiglia.

Ashatavakra Intendeva che tutto ciò che il re aveva vissuto nel sogno era tanto irreale (il sogno, le lacrime, il trono) quanto ciò che stavano mettendo in scena in quel momento.

L’indiano e il presta soldi  africano 

La paura della morte perseguita la mente anche dei più coraggiosi. Ciascuno di noi, per quanto importante o no, colto o ignorante ha paura della morte, ma, in realtà, la morte non esiste. La cosiddetta ‘morte’, non è altro che una conseguenza del fenomeno della nascita. L’unico modo di evitare di morire è evitare di nascere. Non è possibile nascere e non morire.

In realtà, la nostra Essenza individuale che vive nel corpo è immortale. Lascia un vecchio corpo per indossarne uno nuovo. Se siamo felici di dar via gli abiti vecchi per indossarne di nuovi, non c’è ragione di soffrire quando la nostra Essenza da via il vecchio corpo per adottarne uno nuovo.

Un indiano si recò in Africa. Quando finì i soldi si recò da un presta soldi per chiedere un prestito. In quel medesimo momento ci fu un lutto in una famiglia indiana che viveva nella zona. Il presta soldi chiese all’Indiano perché mai i suoi connazionali stessero piangendo. L’indiano spiego’ che era normale per un indiano piangere per un lutto.

il presta soldi chiese anche “e cosa fate quando c’è una nascita in famiglia?” “Ce ne rallegriamo” rispose l’indiano. il presta soldi disse: se tu sei quel tipo di persona che gioisce quando riceve qualcosa, ma piange quando la deve restituire, certamente non ti presterò del danaro.

Nessuna persona ci ha mai detto cosa gli è capitato dopo essere morto. Perciò l’unica opzione che abbiamo è di accettare l’autorità delle sacre scritture nel campo relativo alla morte e all aldilà’. Gli insegnamenti che seguono sono tratti dalla Bhagavad-Gita e ci dicono come affrontare la morte:

Dimentica il passato. E non temere neanche il futuro. Dedica il presente al culto di Dio. Una credente non muore.

Per  mezz’ora, due volte al giorno metti da parte tutti i tuoi doveri e obblighi: abbandonati completamente alla custodia e alla protezione di Dio.Ti proteggerà da ogni male e qui risiederà la fine di ogni tua preoccupazione.

Se riconosciamo Dio in ogni altro uomo o in ogni altra cosa e vediamo ogni uomo,  ogni cosa in Dio non sarà mai sconosciuta per noi, ne noi mai sconosciuti per Dio

Temiamo la morte, perché sotto l’influenza dell’ignoranza, abbiamo dimenticato la nostra vera Essenza. Ed è questa dimenticanza della divina Essenza che è all’origine di tutti i nostri problemi. Non è Dio l’artefice dei nostri problemi.

Quando qualcuno viene al mondo, arriva da qualche altro mondo. Dopo aver vissuto la nostra vita in questo mondo, ciascuno di noi deve ritornare nell’altro mondo, quindi con la nascita si passa da un livello universale ad uno individuale. Quando una persona muore, ritorna dal Padre, e questo è un momento di gioia più che di dolore perché sta raggiungendo il suo traguardo ultimo. Non si dovrebbe provare dolore per la morte di qualcuno, perché quello torna dal vero Padre, malgrado lasci i sui genitori temporali e materiali. Dobbiamo consolarci e focalizzare la nostra attenzione sul vero Padre di noi tutti, la cui famiglia è sparsa su tutta la terra. Quando qualcuno e’ chiamato indietro, dovremo con gioia lasciare andare quella persona: se continuiamo a ricordare quella persona le faremo del male creando un attaccamento, un attrazione verso la vita terrena a causa del nostro cordoglio.

Vecchio o giovane, dovremo essere felici perché uno dei Suoi figli è tornato alla sua vera casa. Questo universo è il terreno di viaggio. Siamo qui solo per poco.


Le due persone che volevano diventare discepoli

La scala temporale del corpo sottile è manifestata sul piano fisico dall’architettura, opere d’arte, e opere letterarie dell’uomo, dato che hanno tutte una durata che va molto al di là del suo corpo fisico e sembrano dare un’idea di quest’altra scala temporale? Possiamo estendere questa esperienza per arrivare ad una diversa comprensione del livello causale?

Il cambio nel senso della scala temporale è dovuto alla abbondanza di sattwa (l’energia che genere purezza e luce). Ogni lavoro creativo inizia quando si è in pace - pace che si acquisisce soltanto attraverso sattwa. Se un pittore è agitato, non può dipingere; non si può creare se non si è in pace. Agitazione e pigrizia riducono la scala temporale. E la riduzione della scala temporale significa riduzione del lavoro creativo. Attraverso l’arte si può mostrare la creazione nella sua interezza ed estendere la scala temporale. Questo è il vero interesse del tuo vero Essere, così che quando si avvera un cambio nella scala temporale tramite l’arte espressa nell’architettura, nella scrittura, ecc., essi sono certamente il risultato di questo aspetto della creatività.

Il Bhagavad-Gita dice che dalla consapevolezza e dal suo contatto con il mondo nasce il desiderio. Se un uomo non soddisfa un suo desiderio, nasce la rabbia, e se la rabbia non soddisfa il desiderio che la ha generata, e si frappongono altri ostacoli, allora si crea un legame fra l’uomo e il suo desiderio, che persiste con le buone o con le cattive per soddisfarlo. La sua mente si agita, e l’agitazione della mente blocca la sua ragione e quando questo accade l’uomo rischia di distruggere se stesso. Da questo si può capire che se riesci a creare maggiore purezza attraverso le sensazioni, lo studio, o qualunque altro mezzo, allora ritroverai la pace, ci sarà meno agitazione, e ritornerà la capacita di lavoro creativo.

C’era un un uomo saggio, al quale due giovani si rivolsero per chiedere di essere accolti come discepoli. Prima di accettarli, il saggio chiese a uno di loro di uscire e andare riempire di acqua un recipiente. Il ragazzo vide che il recipiente era già mezzo pieno di acqua, ritornò e disse che c’era già acqua nel recipiente, ma che sarebbe certamente andato a riempirlo una volta che tutta l’acqua fosse stata usata. Il saggio chiese al secondo ragazzo di uscire e riempire il recipiente; anche lui vide che il recipiente conteneva già dell’acqua, ma immediatamente portò il recipiente al pozzo, lo riempì fino all’orlo, lo riportò al saggio e gli chiese se potevano iniziare a lavorare come discepoli. Il saggio rifiutò di accettare il primo ragazzo e prese il secondo come suo discepolo.

Se un uomo riesce a tenere la mente veramente aperta – aperta alle influenze positive senza nessun attaccamento al successo o al fallimento, senza agitazione nella mente, senza pigrizia in qualsiasi attività che gli si presenta nel corso della sua vita di ogni giorno, allora malgrado tutte le difficoltà, riuscirà a migliorare il suo Essere e il mondo nel quale egli vive. Questo è il modo di vivere.

 

La morte di Bali nel Ramayana

Quando si ha la sensazione che la scala temporale del corpo sottile è molto più grande in profondità e durata del corpo fisico, allora diventa facile agire senza essere coinvolti, perchè ogni azione appare per quello che è, limitata, piccola, e diventa naturale non curarsene, una volta compiuta. Ho avuto questa sensazione che il mio corpo sottile fosse molto più grande del mio corpo fisico e che di conseguenza la morte del mio corpo non significasse nulla.

Questa è esattamente lo stato in cui il vero amore inizia; quando l’amore del corpo cessa allora il vero amore si rivela. Anche se è ugualmente vero che noi amiamo il corpo non per se stesso ma per amore dell’Essere attraverso il quale si rivela a noi, rimaniamo come intrappolati e limitiamo il tutto alle apparenza del corpo. Allora ci rammarichiamo quando ci viene negato il piacere di essere in prossimità dell’apparenza fisica, ma questo rammarico non è veramente necessario – questo è l’ostacolo al vero amore. Il vero amore scorre e non ci dovrebbero essere difficoltà di comunicazione con l’amato.

Questo è un esempo dal Ramayana:

Un uomo chiamato Bali venne ucciso e sua moglie Tara si sentì molto triste. Rama, l’uomo responsabile per la morte di Bali, era presente. Egli non avrebbe voluto uccidere l’uomo, nè causare dolore alla moglie, e cercava di consolarla. Le domandò quale fosse la ragione di tanta tristezza, chi fosse quello che ella amava veramente, chi fosse l’uomo con il quale desiderasse unirsi, era il suo corpo, la sua mente, il suo vero Essere? Tara si mise a riflettere.

Rama disse che se Tara amava il corpo del marito, quello era ancora davanti a lei, e poteva ancora amarlo, ma se amava il vero Essere del marito, allora senza dubbio l’Essere sarebbe vissuto per sempre, e dappertutto, e come non poteva accorgersi che il vero Essere del marito era assieme a lei, compreso, nel suo vero Essere? Non c’era unità con lui? Lo aveva dimenticato? Tara comprese la domanda e la situazione. Disse che certamente amava l’Essere, non il corpo, e con questo capì che non aveva perso il marito, solo il suo corpo, che comunque un giorno sarebbe dovuto andare.